Riconosciuto il diritto di assegnazione della casa familiare anche in caso di rottura della convivenza

[:it]La Corte costituzionale, già con sentenza 13 maggio 1998, n. 166, ha riconosciuto il diritto di assegnazione della casa familiare anche in caso di rottura della convivenza more uxorio, ritenendo non fondata, con riferimento agli artt. 3 e 30 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 155 comma 4 c.c., «nella parte in cui non prevede la possibilità di assegnare in godimento la casa familiare al genitore naturale affidatario di un minore, o convivente con prole maggiorenne non economicamente autosufficiente, anche se lo stesso genitore affidatario non sia titolare di diritti reali o di godimento sull’immobile, in quanto — posto: – che la questione deve essere risolta ponendosi sul piano del rapporto di filiazione e delle norme ad esso relative; – che l’art. 261 c.c. enuncia il fondamentale principio in forza del quale il riconoscimento del figlio naturale comporta, da parte del genitore, l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi; – che, nello spirito della riforma del diritto di famiglia del 1975, il matrimonio non costituisce più elemento di discrimine nei rapporti tra genitori e figli (legittimi e naturali riconosciuti), identico essendo il contenuto dei doveri, oltre ché dei diritti, degli uni nei confronti degli altri, e la condizione giuridica dei genitori tra di loro, in relazione al vincolo coniugale, non può determinare una condizione deteriore per i figli, poiché quell’insieme di regole, che costituiscono l’essenza del rapporto di filiazione e che si sostanziano negli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione della prole, derivante dalla qualità di genitore, trova fondamento nell’art. 30 Cost., il quale richiama i genitori all’obbligo di responsabilità; – che il valore costituzionale di tutela della filiazione trova concreta specificazione nelle disposizioni previste dagli artt. 147 e 148 c.c., che, in quanto complessivamente richiamate dal successivo art. 261, devono essere riguardate nel loro contenuto effettivo, indipendentemente dalla menzione legislativa della qualità di coniuge, trattandosi dei medesimi doveri imposti ai genitori che abbiano compiuto il riconoscimento dei figli naturali; – e che l’obbligo di mantenimento della prole, sancito dall’art. 147 c.c., comprende in via primaria il soddisfacimento delle esigenze materiali, connesse inscindibilmente alla prestazione dei mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo psicologico e fisico del figlio, e segnatamente, tra queste, la predisposizione e la conservazione dell’ambiente domestico, considerato quale centro di affetti, di interessi e di consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità del figlio — l’interpretazione sistematica dell’art. 30 Cost., in correlazione agli artt. 261, 146 e 148 c.c., impone che l’assegnazione della casa familiare nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio, allorché vi siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, deve regolarsi mediante l’applicazione del principio di responsabilità genitoriale, il quale postula che sia data tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimento del figlio, a prescindere dalla qualificazione dello status».
Oggi l’art. 4 comma 2 l. 8 febbraio 2006, n. 54 (legge sull’affido condiviso) ha espressamente previsto l’ampliamento dell’ambito della sua applicazione, oltre che in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
Nota bene:
– spetta abitualmente al tribunale per i minorenni la competenza a decidere su tutte le questioni rilevanti conseguenti alla rottura del rapporto familiare di fatto, ivi compresa quella relativa al’assegnazione della casa familiare;
– secondo parte della giurisprudenza laddove vengano proposte, in via esclusiva, questioni di natura economica, la competenza potrebbe spetta al tribunale ordinario.[:]

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