Cass. 5 luglio 2017 n. 16601 – si ai risarcimenti dei “danni punitivi” da parte delle Sezioni unite
[:it]I c.d. “punitive damages”, di origine anglosassone, consistono nel riconoscimento al danneggiato di una somma ulteriore rispetto a quella necessaria a compensare il danno subito c.d“compensatory damages”, nel caso il danneggiante abbia agito con dolo “malice” o colpa grave “gross negligence”. Negli ordinamenti di common law, questa voce ha una sua autonomia, con una funzione spiccatamente punitiva, quasi “parapenale”.
La Corte di cassazione, sino a pochi giorni orsono, aveva sempre negato ingresso a questa categoria di danni, sostenendo che «nel vigente ordinamento il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso né il medesimo ordinamento consente l’arricchimento se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro» (così Cass. n. 1781/12)
Le Sezioni unite adesso, con una di quelle sentenze destinate a costituire un punto di riferimento, la n. 16601, depositata il 5 luglio 2017, hanno riesaminato detto orientamento. Nel fare ciò i Giudici si sono soffermati sulla natura e finalità della responsabilità civile, anzitutto ricordando come già con la sentenza n. 9100 del 2015 le stesse Sezioni Unite, in quel caso tema di responsabilità degli amministratori, avessero messo in luce come la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non debba più ritenersi incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, visto e considerato che negli ultimi decenni il legislatore ha introdotto, per quanto saltuariamente, disposizioni dal connotato tipicamente sanzionatorio del risarcimento.
Ergo tale “connotato sanzionatorio non è ammissibile al di fuori dei casi nei quali una qualche norma di legge chiaramente lo preveda, ostandovi il principio desumibile dall’articolo 25 Cost., comma 2, nonché dall’art. 7 della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali”. Cioè a dire, vicino alla funzione compensativo-riparatoria dell’istituto della responsabilità civile seve riconoscersi una natura polifunzionale dello stesso istituto, che si proietta verso più aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva (anche detta deterrente o dissuasiva) e quella sanzionatorio-punitiva. Quindi, nel nostro ordinamento alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di ripristinare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione “poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile”. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi.
Tuttavia il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell’ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi (come nel caso della legge della Florida, lo Stato da cui provengono le tre sentenze esame, in cui sussistono limiti al fenomeno della responsabilità multipla), dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero e alla loro compatibilità con l’ordine pubblico. Le Sezioni unite, per arrivare a questa conclusione, ridefiniscono il concetto di ordine pubblico, determinante nell’impedire l’applicazione della legge straniera. Il che comporta una maggiore permeabilità nei confronti del diritto internazionale e soprattutto comunitario, alla ricerca di punto di equilibrio tra il tradizionale controllo sull’ingresso di norme o sentenze straniere che potrebbero minare la coerenza interna dell’ordinamento giuridico e una funzione promozionale dei valori tutelati dal diritto internazionale.
Questa apertura delle Sezioni unite non significa però che da oggi in poi i giudici italiani saranno autorizzati a un significativo incremento delle somme dovute da titolo di risarcimento anche per cause nazionali. La sentenza circoscrive gli effetti di una “curvatura deterrente/sanzionatoria” comunque individuabile nella giurisprudenza, anche costituzionale. Per un’applicazione su larga scala servirebbe un intervento normativo, visto che «ogni imposizione personale esige una “intermediazione legislativa”, per effetto del principio costituzionale sancito dall’articolo 23 della Carta, che istituisce una riserva di legge sulla previsione di nuove prestazioni patrimoniali e impedisce un “incontrollato soggettivismo giudiziario”.
Comunque una breccia si è certamente aperta.[:]