I rapporti patrimoniali tra conviventi di fatto

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Risultati immagini per immagine amorePer convivenze di fatto si intendono rapporti stabili tra due persone maggiorenni unite da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile (comma 36 dell’art. 1 legge 76/2016) e costituiscono una famiglia anagrafica ai sensi dell’art. 4 d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223.

Ai conviventi di fatto il legislatore attribuisce una serie di diritti (parzialmente assimilabili a quelli riconosciuti ai coniugi), e cioè:

1) il diritto reciproco di visita in caso di malattia;

2) la facoltà di designare l’altro convivente quale rappresentante per le decisioni in materia di salute;

3) il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare;

4) la facoltà di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno del convivente;

5) in caso di morte, il diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, la facoltà di succedere nel contratto di locazione della casa di comune residenza e quella di godere, a parità di condizioni, del titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare;

6) il diritto al risarcimento del danno spettante al coniuge superstite in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, il diritto agli alimenti.

Occorre, peraltro rilevare come, al di fuori dei diritti specificamente riconosciuti ai conviventi, non sia prevista alcuna estensione alle convivenze delle norme dettate in materia di matrimonio o di unione civile.

L’esistenza di detta convivenza viene accertata attraverso la dichiarazione anagrafica di costituzione della convivenza.

Tanto premesso

i conviventi di fatto possono regolamentare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto, che a pena di nullità deve rivestire la forma di atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un avvocato o da un notaio, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Quanto ai contenuti del predetto accordo, l’art. 1 della legge 76/2016 (comma 53) si limita a prevedere la possibilità di indicare:

1) la residenza;

2) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;

si noti bene:

si ritiene che il contratto di convivenza possa regolare liberamente la quantità e le modalità della contribuzione, senza che venga rispettato un criterio di proporzionalità tra i conviventi, in mancanza di un obbligo di partecipare al soddisfacimento dei bisogni della famiglia in proporzione alle capacità patrimoniali di ciascuno, e non essendo stato riproposto il divieto, contenuto nell’art. 160 c.c., di derogare ai diritti riconosciuti dalla legge;

3) il regime patrimoniale della comunione dei beni, il quale può, tuttavia essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità previste per la stipula del contratto;

si noti bene:

– se nel matrimonio e nelle unioni civili esiste un regime legale, consistente nella comunione dei beni, le convivenze dovrebbero essere caratterizzate dall’assenza di un regime patrimoniale, salva l’ipotesi in cui questo venga espressamente indicato nel contratto di convivenza. Qualora, invece, il contratto di convivenza indichi la comunione legale come regime patrimoniale fra i conviventi, troverà applicazione la disciplina dettata dagli artt. 177 e seguenti del codice civile.

– La norma  sembra consentire anche la costituzione di un fondo patrimoniale ma non di una comunione convenzionale.

– In ogni caso, il divieto di termini e condizioni sembra escludere la possibilità di regolamentare i rapporti patrimoniali dei conviventi in conseguenza della cessazione del loro rapporto affettivo e della loro vita in comune, in quanto tali pattuizioni riguardano la definizione dei reciproci diritti e doveri al momento del venir meno della convivenza e non, invece, la cessazione degli effetti del contratto al verificarsi di una scadenza o di un evento futuro e incerto.

– Ai fini dell’opponibilità ai terzi il contratto deve essere iscritto all’anagrafe a cura del professionista che ha ricevuto l’atto o autenticato la sottoscrizione.

Ne consegue che la verifica della legittimazione a disporre di un bene da parte del suo titolare richiederà  anche l’esame di un certificato anagrafico di stato di famiglia, al fine di stabilire se si tratti o meno di persona coniugata o stabilmente convivente che abbia concluso un contratto di convivenza.

– Concorde dottrina ha sottolineato l’incoerenza della scelta di far dipendere da un’opzione contrattuale l’adozione di un regime legale che prevede importanti deroghe ai principi di diritto comune in materia di acquisto, amministrazione e diposizione dei beni, prevedendo un sistema di pubblicità diverso da quello adottato per il matrimonio e le unioni civili, in quanto per i contratti di convivenza è sufficiente la forma di scrittura privata autenticata anche da un professionista non soggetto a obblighi di conservazione e rilascio di copia, e la loro opponibilità a terzi è subordinata ad una iscrizione anagrafica e non, invece, alla pubblicità nei registri dello stato civile.[:]

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