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Risultati immagini per immagine motherDue coniugi, separandosi consensualmente, convenivano l’affidamento condiviso dei due figli minori con collocamento paritario presso le diverse abitazioni in cui all’epoca, ciascuno di loro risiedeva.

Il Tribunale, adito in sede di modifica delle condizioni di separazione, respingeva, all’esito di una CTU, la domanda con cui la madre aveva chiesto il loro collocamento presso di sé; accoglieva, invece,  la contrapposta domanda di collocamento dei minori presso il padre.

Di diverso avviso Corte di Appello, che in accoglimento del reclamo proposto della madre, disponeva il collocamento prevalente dei figli presso di lei, in ragione dell’età dei bambini.

Avverso il predetto decreto il padre proponeva senza successo ricorso per cassazione, denunciando, in particolare, il fatto che i magistrati di secondo grado, in violazione dell’art. 337-ter c.c., avevano applicato il criterio presuntivo della c.d. Maternal preference conculcando così in concreto l’interesse morale e materiale dei figli.

Tuttavia, per la prima sezione della Corte di Cassazione, sentenza 14 settembre 2016 n. 18087 il ricorso è infondato: la Corte di Appello aveva diffusamente e plausibilmente spiegato le ragioni per le quali doveva essere privilegiato il collocamento dei due minori in tenera età presso la madre, con ciò realmente perseguendo il primario interesse morale e materiale dei minori, pur doverosamente e contestualmente armonizzato coi fondamentali diritti individuali, esercitabili ed esercitati da ciascuno dei genitori.

In tale ottica, alla luce della risultanze della perizia di ufficio svolta in primo grado è stato non solo plausibilmente valorizzato il criterio della c.d. maternal preference, la cui teorica valenza scientifica il ricorrente non ha tempestivamente contestato, ma è stata anche esclusa legittimamente, argomentatamente e del pari, comprensibilmente, l’incapacità genitoriale materna, inquadrando la vicenda e le condotte della madre nell’emerso e delicato contesto familiare e professionale, che peraltro, avrebbe pur consentito ad entrambi i coniugi, e non solo alla reclamante, di perseguire riavvicinamenti, tramite rinnovate scelte di sedi lavorative, invece da ambo le parti mancate.

D’altro canto il coniuge separato che intenda trasferire la sua residenza lontano da quella dell’altro coniuge non perde, solo per ciò, l’idoneità ad avere in affidamento i figli minori o ad esserne collocatario poiché stabilimento e trasferimento della propria residenza e sede lavorativa costituiscono oggetto di libera e non conculcabile opzione dell’individuo, espressione di diritti fondamentali di rango costituzionale.

Sulla scorta di tali elementi il giudice del merito è tenuto esclusivamente a valutare se sia più funzionale all’interesse della prole il collocamento presso l’uno o l’altro dei genitori, per quanto ciò, ineluttabilmente incida in negativo sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non affidatario.

E ciò in quanto tra i genitori che vivono in città lontane deve essere  preferito quello che più soddisfa l’interesse della prole.

E quindi evidente, ad avviso della Cassazione, che le censure del ricorrente si sostanziano in rilievi critici o non decisivi anche perché si incentrano su valutazioni piuttosto che su fatti storici che le fondano o smentiti dal tenore del provvedimento o generici, assiomatici e privi di autosufficienza, essenzialmente appuntati sull’iter argomentativo dell’impugnata pronuncia e come tali inammissibili.

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Risultati immagini per immagine father sonAllorché sussista conflitto genitoriale in ordine al prevalente collocamento dei figli, il criterio “guida” che deve guidare il Giudice, secondo il Tribunale Civile di Milano – sentenza 13 ottobre 2016, G.I. dott. Buffone –  è il superiore interesse del minore, non potendo al contrario trovare applicazione quello che alcuni definiscono come “principio della maternal preference” (nella letteratura di settore: Maternal Preference in Child Custody Decisions), poiché criterio interpretativo non previsto dagli articoli 337-ter e ss del codice civile ed in vero in contrasto con la stessa ratio ispiratrice della legge n°54 del 2006 sull’affidamento condiviso.

Invero, il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno condotto all’abbandono del criterio della “maternal preference” a mezzo di «gender neutral child custody laws», ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatario, potendo dunque essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore. In altri termini, per individuare il genitore di prevalente collocamento non può essere attribuita alcuna preferenza all’uno o all’altro ramo genitoriale.

Normative del genere sono univocamente anche quelle da ultimo introdotte in Italia dal Legislatore (in particolare la legge n°219 del 2012 e il decreto legislativo n°154 del 2013).

Peraltro, non è argomento valido quello ricavabile dalla recente sentenza della Cassazione n. 18087 del 14 settembre 2016: in quel caso, come si legge nella decisione di legittimità de qua, il criterio della c.d. Maternal preference non era stato “tempestivamente contestato” ed era divenuto, dunque, elemento passato in giudicato; comunque, la Suprema Corte ha fondato la sua decisione non certo sul solo criterio sopra indicato, ma su altri numerosi argomenti, specificamente indicati in parte motiva.

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