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La controversia trae origine da una transazione sottoscritta nel gennaio 2002 da due coniugi, nelle more del giudizio d’appello della separazione, poi abbandonato.
Per la Corte di Appello non è valido l’accordo di separazione tradotto in transazione senza omologa, inclusivo di questioni, quale l’assegnazione di beni immobili compresa, non sottoposte al giudice della separazione.
Di diverso avviso la sentenza 3 dicembre 2015 n. 24621 pronunciata dalla terza sezione della Corte di Cassazione, secondo la quale sono invece validi gli accordi dei coniugi relativi alla parte disponibile – forma libera di tali accordi – e non è necessaria la loro trasfusione nel decreto di omologa.
E ciò in quanto:
– nell’accordo tra le parti in sede di separazione e di divorzio si ravvisa un contenuto necessario (attinente all’affidamento dei figli, al regime di frequentazione dei genitori, ai modi di contributo al mantenimento dei figli, all’assegnazione della casa coniugale, alla misura e al modo di mantenimento, ovvero alla determinazione di un assegno divorziale per il coniuge economicamente più debole) e un contenuto eventuale (la regolamentazione di ogni altra questione patrimoniale o personale tra i coniugi stessi).
– Quindi oggi, sempre più frequentemente, si ammette un’ampia autonomia negoziale in sede di separazione e di divorzio, e la logica contrattuale, seppur con qualche cautela, si afferma con maggior convinzione là dove essa non contrasti con l’esigenza di protezione dei minori o comunque dei soggetti più deboli.
– La giurisprudenza ritiene pertanto valida, tra le parti e nei confronti dei terzi, la clausola di trasferimento di immobile tra i coniugi contenuta nei verbali di separazione o recepita dalla sentenza di divorzio congiunto, o magari convenuta sulla base di conclusioni uniformi, essendo soddisfatta l’esigenza della forma scritta (Cass. 11 novembre 1992, n.12110, Cass. n. 2263 del 2014), cosi come il trasferimento o la promessa di trasferimento di immobili, mobili o somme di denaro, quale adempimento dell’obbligazione di mantenimento (o assistenziale) da parte di un coniuge nei confronti dell’altro (tra le altre, Cass. 17 giugno 1992 n. 7470).
– Si possono ipotizzare (così come sovente accade) anche accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, nella forma della scrittura privata o dell’atto pubblico.
– Detti accordi, di natura negoziale (talvolta danno vita ad un vero e proprio contratto, Cass. n. 18066/2014; Cass. n. 19304/2013; Cass. n. 23713/2012), si ritengono validi, anche nel rapporto con i figli, purché si pervenga ad un miglioramento degli assetti concordati davanti al giudice (tra le altre, Cass. n. 657/1994; Cass. n. 23801/2006).
– Ai predetti accordi sono pertanto certamente applicabili alcuni principi generali dell’ordinamento come quelli attinenti alla nullità dell’atto o alla capacità delle parti, ma pure alcuni più specifici (ad es. relativi ai vizi di volontà).
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