[:it]Come noto:
- l’art. 1004 c.c., stabilisce, al comma 1, che sono a carico dell’usufruttuario “le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa“;
l’art. 1005 c.c., dispone, invece, che sono a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, considerando come tali, con elencazione ritenuta dalla giurisprudenza di carattere non tassativo, “quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”;
- l’art. 1006 c.c., prevede, poi, la facoltà dell’usufruttuario di far eseguire a proprie spese le riparazioni poste a carico del proprietario, quando quest’ultimo, previamente interpellato, rifiuti di eseguirle o ritardi l’esecuzione senza giustificato motivo. In tal caso, la stessa norma stabilisce che le spese devono essere rimborsate alla fine dell’usufrutto, senza interessi.
Ora, pur dovendosi rilevare che, in linea di principio, la nozione di “manutenzione” non si identifica con quella di “riparazione” (intendendosi per “riparazione” l’opera che rimedia ad un’alterazione già verificatasi nello stato delle cose in conseguenza dell’uso o per cause naturali, e per “manutenzione” l’opera che previene l’alterazione: cfr. Cass. 4-1-1969 n. 10), dal coordinamento delle disposizioni menzionate di legge, ad avviso della sentenza 6 novembre 2015, n. 22703 della Corte di Cassazione, si desume chiaramente che il legislatore ha operato una commistione di tali termini, come è reso evidente dal fatto che l’art. 1004 c.c., nell’onerare (primo comma) l’usufruttuario della “manutenzione ordinaria”, pone a carico del medesimo usufruttuario (secondo comma) le “riparazioni straordinarie” rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di “ordinaria manutenzione”.
Diversamente opinando, si perverrebbe alla inammissibile conclusione secondo cui, ponendo l’art. 1005 c.c., a carico del nudo proprietario solo le “riparazioni straordinarie”, la “manutenzione straordinaria” dovrebbe gravare a carico dell’usufruttuario; il tutto in contrasto con l’espressa previsione del citato art. 1004 c.c., che pone a carico dell’usufruttuario solo le spese e gli oneri relativi alla “manutenzione ordinaria della cosa”, con ciò stesso facendo ricadere a carico del nudo proprietario la manutenzione straordinaria.
La piena sovrapponibilità delle nozioni “manutenzione” e “riparazione” utilizzati in materia dal legislatore trova ulteriore conferma nell’art. 1015 c.c., comma 1, che sanziona con la decadenza dall’usufrutto la condotta dell’usufruttuario il quale lasci andare i beni in perimento per mancanza di “ordinarie riparazioni”, facendo quindi ricorso ad una terminologia diversa da quella di “manutenzione ordinaria” impiegata nel primo comma dell’art. 1004 c.c., per indicare le attività alle quali è tenuto l’usufruttuario.
Deve concludersi, in definitiva, che ciò che rileva, ai fini della distinzione tra gli interventi gravanti a carico dell’usufruttario e del nudo proprietario, non è la maggiore o minore attualità del danno da riparare, ma la essenza e la natura dell’opera, e cioè il suo carattere di ordinarietà o straordinarietà, poichè solo tale caratterizzazione incide sul diritto di cui l’uno o l’altro dei due soggetti sono titolari: spettando all’usufruttuario l’uso e il godimento della cosa, salva rerum substantia, si deve a lui lasciare la responsabilità e l’onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione e il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva; si devono, invece, riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perchè afferiscono alla nuda proprietà (v Cass. 4-1-1969 n. 10 citata).
In altri termini:
in tema di usufrutto per distinguere tra interventi gravanti sull’usufruttuario ed interventi gravanti sul nudo proprietario, non può farsi riferimento alla maggiore o minore attualità del danno da riparare, bensì all’essenza ed alla natura dell’opera, e cioè al suo carattere di ordiniarietà o straordinarietà, poiché solo tale caratterizzazione incide sul diritto di cui l’uno o l’altro dei due soggetti sono titolari.
Invero
- spettano all’usufruttuario l’uso ed il godimento della cosa; lo stesso risponde ed ha l’onere di provvedere a tutto ciò che riguarda la conservazione ed il godimento della cosa nella sua sostanza materiale e nella sua attitudine produttiva;
- si devono invece riservare al nudo proprietario le opere che incidono sulla struttura, la sostanza e la destinazione della cosa, perché afferiscono alla nuda proprietà.
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