Il trasferimento di minori non accompagnati nel sistema di Dublino – Corte di Giustizia dell’Unione europea, C-648/11, MA, BT, DA, sentenza del 6 giugno 2013
[:it]La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 6 giugno 2013, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 6 del regolamento (CE) 343/2003, c.d. di Dublino II, al fine di individuare la competenza ad esaminare una domanda di asilo presentata in più di uno Stato membro da parte di minori non accompagnati e sprovvisti di familiari presenti legalmente nel territorio dell’Unione europea.
La vicenda trae origine dalla controversia sorta tra tre minori richiedenti asilo non accompagnati e privi di legami familiari all’interno dell’Unione ed il Secretary of State for the Home Department, a seguito della decisione delle autorità britanniche di non esaminare la loro domanda d’asilo e di trasferire gli stessi verso gli Stati membri in cui per primi avevano presentato domanda. In particolare, i tre minore, due di nazionalità eritrea e uno di nazionalità irachena, dopo aver presentato inizialmente domanda di asilo rispettivamente in Italia e Olanda, si erano successivamente trasferiti nel Regno Unito presentandone una ulteriore. Le autorità britanniche, tuttavia, prendendo atto dell’esistenza di una domanda già proposta in un diverso Stato membro e del consenso delle autorità italiane ed olandesi, disponevano il loro trasferimento. I richiedenti asilo presentavano ricorso avverso la decisione di trasferimento, la quale veniva tuttavia rigettata dalla High Court of Justice, ad avviso della quale, in forza dell’art. 6, co. 2, del Regolamento Dublino II, la competenza ad esaminare la domanda di asilo spettava unicamente allo Stato in cui tale domanda è stata presentata per la prima volta. A seguito dell’appello avverso tale decisione, la Court of Appeal decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Nel contesto del regolamento [n. 343/2003], quale sia lo Stato membro al quale il secondo comma dell’articolo 6 attribuisce la competenza a pronunciarsi sulla domanda d’asilo quando un richiedente asilo, che sia un minore non accompagnato e sprovvisto di familiari che si trovino legalmente in uno Stato membro, ha presentato domande di asilo in più di uno Stato membro».
La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla questione, preliminarmente rigetta la questione di irricevibilità del ricorso sollevata dal governa belga, ad avviso del quale la questione sottoposta alla Corte aveva di carattere meramente ipotetico, sulla base della presunzione di pertinenza e dell’esistenza di un giudizio di risarcimento su cui doveva ancora pronunciarsi il giudice del rinvio. La Corte successivamente, riformulando la domanda sollevata dalla corte britannica, si interroga sul sistema di ripartizione della competenza ad esaminare una domanda di asilo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, proposta da un minore non accompagnato sprovvisto di familiari legalmente presenti sul territorio dell’Unione, tra “… o Stato membro nel quale il minore abbia presentato la sua prima domanda ovvero quello in cui egli si trova dopo avervi presentato la sua ultima domanda in tal senso”. A riguardo la Corte chiarisce in primis che, non essendovi presenti familiari regolarmente presenti sul territorio dell’Unione, tale competenza debba essere individuata ai sensi dell’art. 6, co. 2, il quale prevede che la stessa spetti alla Stato membro “…in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo”. A tal fine, ad avviso della Corte, poiché la formulazione della norma non chiarisce se tale Stato debba individuarsi con il primo in cui sia stata presentata la domanda ovvero in quello in cui il minore abbia presentato da ultimo la domanda, è necessario procedere alla sua interpretazione contestuale e teleologica.
La Corte individua quale primo elemento da cui far derivare la competenza dell’ultimo Stato membro in cui è presentata la domanda il mancato riferimento nell’art. 6, para. 2 del Regolamento al “primo Stato membro”, presente invece nell’art. 5, para. 2, alla stregua del noto brocardo “ubi voluit dixit”.
La Corte trae ulteriore argomento a supporto della sua conclusione dall’interpretazione teleologica del regolamento. Ad avviso della Corte, poiché esso è volto a garantire l’effettivo accesso all’esame della situazione del richiedente asilo, accordando al contempo particolare attenzione ai minori non accompagnati, quale categoria di persone particolarmente vulnerabili, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto strettamente necessario con la conseguenza che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro.
Queste considerazioni sono da ultimo confortate dalla necessità di rispettare i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea, tra i quali, in particolare, la garanzia che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente. Di conseguenza, nell’interesse dei minori non accompagnati, è necessario non prolungare inutilmente la procedura di determinazione dello Stato membro competente, bensì assicurare loro un rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Corte precisa da ultimo come che una siffatta interpretazione non implica tuttavia la possibilità per il minore non accompagnato la cui domanda sia stata respinta nel merito in un primo Stato membro di imporre a un altro Stato membro di esaminare un’altra domanda
La Corte di giustizia conclude pertanto dichiarando che l’art. 6, co. 2, del regolamento n°343/2003 attribuisce la competenza allo Stato membro in cui si trova il minore non accompagnato che non abbia familiari legalmente nel territorio degli Stati membri.[:en]6. Il trasferimento di minori non accompagnati – C-648/11, MA, BT, DA.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 6 giugno 2013, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 6 del regolamento (CE) 343/2003, c.d. di Dublino II, al fine di individuare la competenza ad esaminare una domanda di asilo presentata in più di uno Stato membro da parte di minori non accompagnati e sprovvisti di familiari presenti legalmente nel territorio dell’Unione europea.
La vicenda trae origine dalla controversia sorta tra tre minori richiedenti asilo non accompagnati e privi di legami familiari all’interno dell’Unione ed il Secretary of State for the Home Department, a seguito della decisione delle autorità britanniche di non esaminare la loro domanda d’asilo e di trasferire gli stessi verso gli Stati membri in cui per primi avevano presentato domanda. In particolare, i tre minore, due di nazionalità eritrea e uno di nazionalità irachena, dopo aver presentato inizialmente domanda di asilo rispettivamente in Italia e Olanda, si erano successivamente trasferiti nel Regno Unito presentandone una ulteriore. Le autorità britanniche, tuttavia, prendendo atto dell’esistenza di una domanda già proposta in un diverso Stato membro e del consenso delle autorità italiane ed olandesi, disponevano il loro trasferimento. I richiedenti asilo presentavano ricorso avverso la decisione di trasferimento, la quale veniva tuttavia rigettata dalla High Court of Justice, ad avviso della quale, in forza dell’art. 6, co. 2, del Regolamento Dublino II, la competenza ad esaminare la domanda di asilo spettava unicamente allo Stato in cui tale domanda è stata presentata per la prima volta. A seguito dell’appello avverso tale decisione, la Court of Appeal decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Nel contesto del regolamento [n. 343/2003], quale sia lo Stato membro al quale il secondo comma dell’articolo 6 attribuisce la competenza a pronunciarsi sulla domanda d’asilo quando un richiedente asilo, che sia un minore non accompagnato e sprovvisto di familiari che si trovino legalmente in uno Stato membro, ha presentato domande di asilo in più di uno Stato membro».
La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla questione, preliminarmente rigetta la questione di irricevibilità del ricorso sollevata dal governa belga, ad avviso del quale la questione sottoposta alla Corte aveva di carattere meramente ipotetico, sulla base della presunzione di pertinenza e dell’esistenza di un giudizio di risarcimento su cui doveva ancora pronunciarsi il giudice del rinvio. La Corte successivamente, riformulando la domanda sollevata dalla corte britannica, si interroga sul sistema di ripartizione della competenza ad esaminare una domanda di asilo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, proposta da un minore non accompagnato sprovvisto di familiari legalmente presenti sul territorio dell’Unione, tra “… o Stato membro nel quale il minore abbia presentato la sua prima domanda ovvero quello in cui egli si trova dopo avervi presentato la sua ultima domanda in tal senso”. A riguardo la Corte chiarisce in primis che, non essendovi presenti familiari regolarmente presenti sul territorio dell’Unione, tale competenza debba essere individuata ai sensi dell’art. 6, co. 2, il quale prevede che la stessa spetti alla Stato membro “…in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo”. A tal fine, ad avviso della Corte, poiché la formulazione della norma non chiarisce se tale Stato debba individuarsi con il primo in cui sia stata presentata la domanda ovvero in quello in cui il minore abbia presentato da ultimo la domanda, è necessario procedere alla sua interpretazione contestuale e teleologica.
La Corte individua quale primo elemento da cui far derivare la competenza dell’ultimo Stato membro in cui è presentata la domanda il mancato riferimento nell’art. 6, para. 2 del Regolamento al “primo Stato membro”, presente invece nell’art. 5, para. 2, alla stregua del noto brocardo “ubi voluit dixit”.
La Corte trae ulteriore argomento a supporto della sua conclusione dall’interpretazione teleologica del regolamento. Ad avviso della Corte, poiché esso è volto a garantire l’effettivo accesso all’esame della situazione del richiedente asilo, accordando al contempo particolare attenzione ai minori non accompagnati, quale categoria di persone particolarmente vulnerabili, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto strettamente necessario con la conseguenza che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro.
Queste considerazioni sono da ultimo confortate dalla necessità di rispettare i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea, tra i quali, in particolare, la garanzia che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente. Di conseguenza, nell’interesse dei minori non accompagnati, è necessario non prolungare inutilmente la procedura di determinazione dello Stato membro competente, bensì assicurare loro un rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Corte precisa da ultimo come che una siffatta interpretazione non implica tuttavia la possibilità per il minore non accompagnato la cui domanda sia stata respinta nel merito in un primo Stato membro di imporre a un altro Stato membro di esaminare un’altra domanda
La Corte di giustizia conclude pertanto dichiarando che l’art. 6, co. 2, del regolamento n°343/2003 attribuisce la competenza allo Stato membro in cui si trova il minore non accompagnato che non abbia familiari legalmente nel territorio degli Stati membri.
[:fr]6. Il trasferimento di minori non accompagnati – C-648/11, MA, BT, DA.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 6 giugno 2013, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 6 del regolamento (CE) 343/2003, c.d. di Dublino II, al fine di individuare la competenza ad esaminare una domanda di asilo presentata in più di uno Stato membro da parte di minori non accompagnati e sprovvisti di familiari presenti legalmente nel territorio dell’Unione europea.
La vicenda trae origine dalla controversia sorta tra tre minori richiedenti asilo non accompagnati e privi di legami familiari all’interno dell’Unione ed il Secretary of State for the Home Department, a seguito della decisione delle autorità britanniche di non esaminare la loro domanda d’asilo e di trasferire gli stessi verso gli Stati membri in cui per primi avevano presentato domanda. In particolare, i tre minore, due di nazionalità eritrea e uno di nazionalità irachena, dopo aver presentato inizialmente domanda di asilo rispettivamente in Italia e Olanda, si erano successivamente trasferiti nel Regno Unito presentandone una ulteriore. Le autorità britanniche, tuttavia, prendendo atto dell’esistenza di una domanda già proposta in un diverso Stato membro e del consenso delle autorità italiane ed olandesi, disponevano il loro trasferimento. I richiedenti asilo presentavano ricorso avverso la decisione di trasferimento, la quale veniva tuttavia rigettata dalla High Court of Justice, ad avviso della quale, in forza dell’art. 6, co. 2, del Regolamento Dublino II, la competenza ad esaminare la domanda di asilo spettava unicamente allo Stato in cui tale domanda è stata presentata per la prima volta. A seguito dell’appello avverso tale decisione, la Court of Appeal decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Nel contesto del regolamento [n. 343/2003], quale sia lo Stato membro al quale il secondo comma dell’articolo 6 attribuisce la competenza a pronunciarsi sulla domanda d’asilo quando un richiedente asilo, che sia un minore non accompagnato e sprovvisto di familiari che si trovino legalmente in uno Stato membro, ha presentato domande di asilo in più di uno Stato membro».
La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla questione, preliminarmente rigetta la questione di irricevibilità del ricorso sollevata dal governa belga, ad avviso del quale la questione sottoposta alla Corte aveva di carattere meramente ipotetico, sulla base della presunzione di pertinenza e dell’esistenza di un giudizio di risarcimento su cui doveva ancora pronunciarsi il giudice del rinvio. La Corte successivamente, riformulando la domanda sollevata dalla corte britannica, si interroga sul sistema di ripartizione della competenza ad esaminare una domanda di asilo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, proposta da un minore non accompagnato sprovvisto di familiari legalmente presenti sul territorio dell’Unione, tra “… o Stato membro nel quale il minore abbia presentato la sua prima domanda ovvero quello in cui egli si trova dopo avervi presentato la sua ultima domanda in tal senso”. A riguardo la Corte chiarisce in primis che, non essendovi presenti familiari regolarmente presenti sul territorio dell’Unione, tale competenza debba essere individuata ai sensi dell’art. 6, co. 2, il quale prevede che la stessa spetti alla Stato membro “…in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo”. A tal fine, ad avviso della Corte, poiché la formulazione della norma non chiarisce se tale Stato debba individuarsi con il primo in cui sia stata presentata la domanda ovvero in quello in cui il minore abbia presentato da ultimo la domanda, è necessario procedere alla sua interpretazione contestuale e teleologica.
La Corte individua quale primo elemento da cui far derivare la competenza dell’ultimo Stato membro in cui è presentata la domanda il mancato riferimento nell’art. 6, para. 2 del Regolamento al “primo Stato membro”, presente invece nell’art. 5, para. 2, alla stregua del noto brocardo “ubi voluit dixit”.
La Corte trae ulteriore argomento a supporto della sua conclusione dall’interpretazione teleologica del regolamento. Ad avviso della Corte, poiché esso è volto a garantire l’effettivo accesso all’esame della situazione del richiedente asilo, accordando al contempo particolare attenzione ai minori non accompagnati, quale categoria di persone particolarmente vulnerabili, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto strettamente necessario con la conseguenza che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro.
Queste considerazioni sono da ultimo confortate dalla necessità di rispettare i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea, tra i quali, in particolare, la garanzia che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente. Di conseguenza, nell’interesse dei minori non accompagnati, è necessario non prolungare inutilmente la procedura di determinazione dello Stato membro competente, bensì assicurare loro un rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Corte precisa da ultimo come che una siffatta interpretazione non implica tuttavia la possibilità per il minore non accompagnato la cui domanda sia stata respinta nel merito in un primo Stato membro di imporre a un altro Stato membro di esaminare un’altra domanda
La Corte di giustizia conclude pertanto dichiarando che l’art. 6, co. 2, del regolamento n°343/2003 attribuisce la competenza allo Stato membro in cui si trova il minore non accompagnato che non abbia familiari legalmente nel territorio degli Stati membri.
[:es]6. Il trasferimento di minori non accompagnati – C-648/11, MA, BT, DA.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 6 giugno 2013, si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 6 del regolamento (CE) 343/2003, c.d. di Dublino II, al fine di individuare la competenza ad esaminare una domanda di asilo presentata in più di uno Stato membro da parte di minori non accompagnati e sprovvisti di familiari presenti legalmente nel territorio dell’Unione europea.
La vicenda trae origine dalla controversia sorta tra tre minori richiedenti asilo non accompagnati e privi di legami familiari all’interno dell’Unione ed il Secretary of State for the Home Department, a seguito della decisione delle autorità britanniche di non esaminare la loro domanda d’asilo e di trasferire gli stessi verso gli Stati membri in cui per primi avevano presentato domanda. In particolare, i tre minore, due di nazionalità eritrea e uno di nazionalità irachena, dopo aver presentato inizialmente domanda di asilo rispettivamente in Italia e Olanda, si erano successivamente trasferiti nel Regno Unito presentandone una ulteriore. Le autorità britanniche, tuttavia, prendendo atto dell’esistenza di una domanda già proposta in un diverso Stato membro e del consenso delle autorità italiane ed olandesi, disponevano il loro trasferimento. I richiedenti asilo presentavano ricorso avverso la decisione di trasferimento, la quale veniva tuttavia rigettata dalla High Court of Justice, ad avviso della quale, in forza dell’art. 6, co. 2, del Regolamento Dublino II, la competenza ad esaminare la domanda di asilo spettava unicamente allo Stato in cui tale domanda è stata presentata per la prima volta. A seguito dell’appello avverso tale decisione, la Court of Appeal decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Nel contesto del regolamento [n. 343/2003], quale sia lo Stato membro al quale il secondo comma dell’articolo 6 attribuisce la competenza a pronunciarsi sulla domanda d’asilo quando un richiedente asilo, che sia un minore non accompagnato e sprovvisto di familiari che si trovino legalmente in uno Stato membro, ha presentato domande di asilo in più di uno Stato membro».
La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla questione, preliminarmente rigetta la questione di irricevibilità del ricorso sollevata dal governa belga, ad avviso del quale la questione sottoposta alla Corte aveva di carattere meramente ipotetico, sulla base della presunzione di pertinenza e dell’esistenza di un giudizio di risarcimento su cui doveva ancora pronunciarsi il giudice del rinvio. La Corte successivamente, riformulando la domanda sollevata dalla corte britannica, si interroga sul sistema di ripartizione della competenza ad esaminare una domanda di asilo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, proposta da un minore non accompagnato sprovvisto di familiari legalmente presenti sul territorio dell’Unione, tra “… o Stato membro nel quale il minore abbia presentato la sua prima domanda ovvero quello in cui egli si trova dopo avervi presentato la sua ultima domanda in tal senso”. A riguardo la Corte chiarisce in primis che, non essendovi presenti familiari regolarmente presenti sul territorio dell’Unione, tale competenza debba essere individuata ai sensi dell’art. 6, co. 2, il quale prevede che la stessa spetti alla Stato membro “…in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo”. A tal fine, ad avviso della Corte, poiché la formulazione della norma non chiarisce se tale Stato debba individuarsi con il primo in cui sia stata presentata la domanda ovvero in quello in cui il minore abbia presentato da ultimo la domanda, è necessario procedere alla sua interpretazione contestuale e teleologica.
La Corte individua quale primo elemento da cui far derivare la competenza dell’ultimo Stato membro in cui è presentata la domanda il mancato riferimento nell’art. 6, para. 2 del Regolamento al “primo Stato membro”, presente invece nell’art. 5, para. 2, alla stregua del noto brocardo “ubi voluit dixit”.
La Corte trae ulteriore argomento a supporto della sua conclusione dall’interpretazione teleologica del regolamento. Ad avviso della Corte, poiché esso è volto a garantire l’effettivo accesso all’esame della situazione del richiedente asilo, accordando al contempo particolare attenzione ai minori non accompagnati, quale categoria di persone particolarmente vulnerabili, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto strettamente necessario con la conseguenza che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro.
Queste considerazioni sono da ultimo confortate dalla necessità di rispettare i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea, tra i quali, in particolare, la garanzia che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente. Di conseguenza, nell’interesse dei minori non accompagnati, è necessario non prolungare inutilmente la procedura di determinazione dello Stato membro competente, bensì assicurare loro un rapido accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Corte precisa da ultimo come che una siffatta interpretazione non implica tuttavia la possibilità per il minore non accompagnato la cui domanda sia stata respinta nel merito in un primo Stato membro di imporre a un altro Stato membro di esaminare un’altra domanda
La Corte di giustizia conclude pertanto dichiarando che l’art. 6, co. 2, del regolamento n°343/2003 attribuisce la competenza allo Stato membro in cui si trova il minore non accompagnato che non abbia familiari legalmente nel territorio degli Stati membri.
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