In Italia sono validi gli accordi prematrimoniali?

(Corte di Cassazione, ordinanza n. 11012 del 26 aprile 2021)

E’ un fatto noto che nel mondo, e in particolare negli Stati Uniti ed in Inghilterra, sempre più spesso i futuri sposi regolano convenzionalmente in via preventiva i loro rapporti patrimoniali e personali, in vista di un’eventuale crisi coniugale. Un modo difficile per dire una cosa semplice: se ci si mette d’accordo prima, si evita di litigare dopo.

E in Italia?

Dopo l’arresto del 2017, la Corte Suprema di Cassazione, è tornata nuovamente a occuparsi della dibattuta questione della liceità degli accordi prematrimoniali con la recente ordinanza n. 11012 del 26 aprile 2021 (in allegato).

Il giudizio traeva origine dalla proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 218/2016, con la quale il giudice del gravame aveva confermato la misura dell’assegno divorzile stabilito dal giudice di prime cure, sulla scorta dell’accordo intervenuto fra i coniugi in sede di separazione consensuale, teso alla disciplina dei rapporti economici del futuro divorzio.

Il ricorrente eccepiva, in particolare, la nullità per illeceità della causa dell’accordo concluso con la coniuge in sede di separazione consensuale, atteso che il diritto all’assegno divorzile, per la sua natura assistenziale, non è posizione soggettiva disponibile, di talché resta sottratto dal perimetro operativo riservato all’autonomia privata. Oltre a ciò, il ricorrente assumeva l’insussistenza del presupposto richiesto dall’art. 5 L. n. 898/1970 per la concessione dell’assegno divorzile, ovvero l’inadeguatezza dei mezzi in capo al coniuge beneficiario rispetto al tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio.

In ordine a tali fatti, la Corte di Cassazione – tenuto conto delle attribuzioni patrimoniali intervenute in sede di separazione e del conseguente decremento reddituale del ricorrente, nonché dei precedenti arresti giurisprudenziali – accoglieva il ricorso, ritenendo l’accordo intervenuto in sede di separazione nullo per illeceità della causa, in quanto stipulato in violazione del principio fondamentale di indisponibilità dei diritti derivanti dal matrimonio di cui all’art. 160 c.c.

Con la pronuncia in scrutinio, dunque, i giudici di legittimità (ri)affermano, dunque, la radicale nullità degli accordi “in contemplation of divorce” per illeceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità dello status di coniuge e dell’assegno di divorzio.

E’ una decisione che stupisce perché nel 2012 e nel 2014 la Corte aveva invece mostrato di volere aprire la strada alla validità dei patti in vista del divorzio, evidenziando come essi sono molto diffusi all’estero ove svolgono una «proficua funzione di deflazione delle controversie familiari e divorzili».

La Cassazione aveva allora riconosciuto che il proprio orientamento restrittivo viene criticato per non essere adeguato all’evoluzione della società e della stessa legge, ormai orientate «a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale».

Detto ciò, è sicuramente auspicabile un intervento legislativo in materia di accordi prematrimoniali che – sulla base dell’esperienza degli ordinamenti più evoluti – possa fornire una disciplina coerente con le aspirazioni nutrite da quella parte della dottrina che attende un definitivo superamento della visione – tutt’ora dominante – dell’invalidità degli accordi “di tipo preventivo fra i coniugi sui rapporti patrimoniali successivi al divorzio”. Del resto, non può negarsi che l’iniziativa economica privata è libera (art. 41 Cost.), ma la legge svolge un ruolo fondamentale di supporto integrativo all’estrinsecazione dell’autonomia negoziale.

Avv. Claudia Romano

 

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