La disciplina della comunione legale dei beni relativa all’uguaglianza delle quote è sempre inderogabile?

La disciplina della comunione legale dei beni relativa all’uguaglianza delle quote è sempre inderogabile? La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2546 del 3 febbraio 2025, ha risposto in senso negativo al suddetto quesito.

Il caso sottoposto alla sua attenzione ha ad oggetto il giudizio di scioglimento della comunione legale e divisione promosso dall’ex marito, avente ad oggetto l’unico bene immobile acquistato in regime di comunione legale con l’ex moglie, ritenuto di proprietà al 50% di ciascun coniuge, del quale tuttavia la moglie rivendicava la proprietà del 71%, in forza di quanto statuito dai coniugi in sede di separazione consensuale.

Il Tribunale aveva dichiarato la nullità dell’accordo di separazione consensuale omologato, nella parte in cui “i coniugi si danno atto e consentono la regolare trascrizione del presente verbale alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Napoli, affinché risulti che la proprietà dell’immobile in Napoli alla via ……………….. n. ……, ., riportato nel NC.E.U di Napoli………….., appartiene per il 29 per cento al sig. B.B. e per il 71 per cento alla signora A.A.“, stante la ritenuta violazione dell’art. 210 c.c., che sancisce l’inderogabilità da parte dei coniugi delle norme della comunione che sanciscono l’uguaglianza delle quote dei beni che fanno parte della predetta comunione.

La Corte di appello aveva confermato la decisione del Giudice di primo grado, ribadendo l’inderogabilità della disciplina della comunione legale dei beni relativa all’uguaglianza delle quote e, quindi, la nullità di ogni patto contrario.

La Suprema Corte, nel decidere il caso in esame, ribaltando la decisione dei giudici di merito, ha colto l’occasione per ribadire importanti principi anche in merito all’istituto della comunione legale tra i coniugi.

La Cassazione ha infatti affermato i seguenti principi di diritto:

  • “La comunione legale tra coniugi, in quanto finalizzata alla tutela della famiglia piuttosto che della proprietà individuale, si differenzia da quella ordinaria in quanto costituisce una comunione senza quote, nella quale essi sono entrambi solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni che la compongono e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei, sicché, fintantoché è in essere, permane il diritto del coniuge a non entrare in rapporti di comunione con soggetti ad essa estranei, mentre una volta sciolta per una delle cause di cui all’art. 191 c.c., venendo meno le necessità funzionali originarie, ciascuno degli ex coniugi può cedere ad ogni titolo la propria quota, ossia la corrispondente misura dei suoi diritti verso l’altro, senza che si ponga un problema di radicale invalidità dell’atto di trasferimento (Cass. n.8193/2024).
  • Tanto premesso, è decisivo ricordare che questa Corte con la sentenza n. 21761/2021 resa a Sezioni Unite, di recente, ha affermato, richiamando pregressi precedenti di legittimità, che sono da ritenersi pienamente valide, anche con riferimento ai beni che ricadono nella comunione legale, le clausole dell’accordo di separazione che riconoscano ad uno, o ad entrambi i coniugi, la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili nel complessivo riassetto degli interessi economico – patrimoniali, ovvero che ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento. In particolare, ha chiarito che “Il suddetto accordo di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza (redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato), assume – per vero – forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo l’omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c., senza che la validità di trasferimenti siffatti sia esclusa dal fatto che i relativi beni ricadono nella comunione legale tra coniugi. Lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi si verifica, infatti, con effetto “ex nunc”, dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione ovvero dell’omologazione degli accordi di separazione consensuale” (Cass. Sez. U. n.21761/2021, par.3.2.2.; Cass. n.4306/1997).
  • È stato, inoltre, affermato – con riferimento ad una vicenda di proposizione dell’azione revocatoria – che gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti reciproche attribuzioni patrimoniali e concernenti beni mobili o immobili, rispondono, di norma, ad uno specifico spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di separazione consensuale che svela una sua “tipicità” propria. Tale tipicità – intesa in senso lato, con riferimento alla finalità, comune a questi accordi, di regolare i rapporti economici a seguito della crisi di coppia – ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., può colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della gratuità, in ragione dell’eventuale ricorrenza, o meno, nel concreto, dei connotati di una sistemazione solutorio-compensativa più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati, anche solo riflessi, patrimoniali maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale (Cass. n. 2740/2019). In tale decisione, la Corte ha ribadito come il verbale in cui le parti avevano espresso le condizioni di separazione personale costituisse a seguito dell’omologa, ed in quanto atto pubblico – titolo per la trascrizione, a norma dell’art. 2657 c.c. (in senso sostanzialmente conforme, cfr. anche Cass.n.10443/2019).
  • Nel caso in esame, si verte in ipotesi di accordo stipulato tra ex coniugi, al momento della separazione consensuale, al fine di disciplinare i profili relativi alle questioni patrimoniali insorte nella coppia. Ne discende che, una volta sciolta la comunione legale con la separazione consensuale, rientra nella piena autonomia negoziale delle parti disciplinare gli aspetti economico-patrimoniali – estranei agli obblighi ex lege riguardanti la prole, in relazione ai quali l’autonomia delle parti contraenti incontra limiti – con l’accordo di separazione omologato; in tale sede le parti possono liberamente disporre dei beni in comunione al fine di regolare i rapporti economici della coppia e possono prevedere una ripartizione del bene immobile in comunione legale per quote non egalitarie nell’ambito delle reciproche attribuzioni patrimoniali, in vista della successiva divisione, senza che ricorra alcuna ipotesi di nullità”.

 

 

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