LA “PETITIO HEREDITAS” E LA COMPETENZA PER TERRITORIO – TRIBUNALE CIVILE DI ROMA, SEZ. VII^, ORDINANZA DEL 12 MARZO 2020
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Il Tribunale civile di Roma, con provvedimento del 12 marzo 2020, ha dichiarato la propria incompetenza a pronunciarsi su una controversia in punto di “petitio hereditas”[1], in favore del giudice del luogo dell’ultima residenza anagrafica del de cuius. Secondo il Giudice capitolino, infatti, a rilevare è l’ultima residenza in quanto indice presuntivo del luogo della prevalente sede di interessi in vita del defunto e, quindi, valida ad identificare il luogo di apertura della successione.
Il caso
La vicenda nasce dal giudizio promosso da un erede al fine di vedere accertata e dichiarata in suo favore l’illegittimità dell’occupazione degli immobili di proprietà del padre defunto (siti in Roma) e, per l’effetto, ottenere l’immediato rilascio degli stessi.
La convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda attorea eccependo:
- l’incompetenza territoriale del giudice adito evidenziando che, avendo l’attore formulato una petitio hereditas, la competenza territoriale spettava al Tribunale di Tivoli, in quanto il luogo dell’ultimo domicilio del de cuius e dell’aperta successione era in Campagnano di Roma;
- il difetto di prova della legittimazione attiva, quale erede del de cuius;
- l’appartenenza dei beni oggetto di causa al defunto e all’asse ereditario di quest’ultimo.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale romano, investito della questione, preliminarmente, ha qualificato l’azione esperita dall’attore come petizione di eredità ex art. 533 c.c. ritenendo sussistenti i presupposti già individuati dalla Corte di Cassazione Civile, Sez. II, Ord. n. 123 del 7 gennaio 2019:
- il riconoscimento della qualità di erede;
- il reclamo da parte dell’erede dei beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che al tempo dell’apertura della successione erano compresi nell’asse ereditario;
- la contestazione da parte di chi detiene i beni ereditari (a titolo di erede o senza titolo alcuno) della qualità di erede[2].
Conseguentemente, il giudicante ha accolto l’eccezione di incompetenza sollevata dalla convenuta prendendo le mosse dal principio espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 18334/2006 con la quale ha espressamente ritenuto applicabile all’azione di petizione di eredità il c.d. “forum hereditatis” nel solco dell’art. 22, 1 co., n. 1 c.p.c., il quale devolve la competenza territoriale al giudice del luogo dell’aperta successione.
In conclusione
Alla luce dei principi sopra richiamati, nonché in ossequio a quanto disposto dagli artt. 456 c.c. e 22, 1 co., n.1, c.p.c., il Tribunale di Roma ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, in favore del Tribunale di Tivoli, in quanto, come anticipato in premessa, “la residenza anagrafica del de cuius costituisce indice presuntivo del luogo della prevalente sede di interessi in vita del defunto e, quindi, vale ad identificare il luogo di apertura della successione”.
[1] La petitio hereditas è l’azione attraverso cui chiunque affermi di essere erede può chiedere il riconoscimento della qualità ereditaria contro chiunque possegga tutti o parte dei beni ereditari a titolo successorio che non compete (possessor pro herede) o senza alcun titolo (possessor pro possessore) al fine di ottenere il rilascio dei beni stessi.
[2] Si veda Corte di Cassazione Civile, Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 22915, che evidenzia che, ove tale contestazione manchi, vengono meno le ragioni di specificità dell’azione di petizione rispetto alla comune azione di rivendicatoria che ha, invero, lo stesso “petitum” (cfr. Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 16 gennaio 2009, n. 1074).
L’azione di petizione si fonda sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell’universum ius o di una quota parte di esso, indipendentemente dalla considerazione dello specifico titolo in base al quale il de cuius ne aveva il possesso, con la conseguenza che l’attore è tenuto soltanto a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario (cfr. Corte di Cassazione Civile, Sez. II, 30 ottobre 1992, n. 11813; id. 02 agosto 2001, n. 10557).
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