L’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano
Il nostro ordinamento riconosce il diritto del minore – che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento – ad essere ascoltato nei giudizi in cui si devono adottare provvedimenti che lo riguardano (cfr. artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies, cod. civ., introdotti dalla L. 219/2012 e dal D. Lgs. 154/2013).
La consapevolezza dell’importanza dell’ascolto, prima ancora che dal nostro ordinamento, è stata riconosciuta in numerose convenzioni internazionali. L’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta infatti un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996.
Costituisce, pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo il mancato ascolto che non sia sorretto da espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne può giustificare l’omissione, in quanto il minore è portatore d’interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore, in sede di affidamento e diritto di visita e, per tale profilo, è qualificabile come parte in senso sostanziale.
Al riguardo occorre chiarire che la capacità di discernimento non va confusa con quella di intendere e di volere, meglio nota in ambito penale (dove il minore di 14 anni non è imputabile e si presume incapace di comprendere il significato delle leggi penali e le conseguenze di legge di una determinata condotta) ma rappresenta una categoria psico- giuridica che fa riferimento alla capacità del minore di elaborare autonomamente idee e concetti, di avere opinioni proprie e di comprendere gli eventi. Il giudice potrà valutare la sussistenza o meno di tale capacità anche disponendo, prima di ascoltare il minore, una osservazione (attraverso un colloquio clinico-valutativo) da parte di un perito. Di solito comunque, tale capacità viene ritenuta sussistente quando il bambino abbia raggiunto l’età scolare.
E’ rimessa al Giudice l’individuazione delle concrete modalità con le quali va effettuato, ovvero direttamente piuttosto che per il tramite del consulente d’ufficio o dei Servizi sociali (così, tra le altre Cass. 22178/18; Cass.19327/15).
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza 1474 del 25 gennaio 2021 è intervenuta sul tema dell’audizione del minore, accogliendo il ricorso di un padre che chiedeva l’ascolto della figlia undicenne collocata presso la madre, e ha statuito che «l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto».
Esistono, in ogni caso, delle situazioni nelle quali il giudice può rinunciare all’audizione del figlio.
Una di queste, come anticipato, è quella in cui il minore, avendo meno di 12 anni, non sia ritenuto capace di discernimento. Altra ipotesi di esclusione è prevista quando l’ascolto contrasti con l’interesse del minore: ne è un esempio tipico il caso in cui il figlio sia già stato sentito in altre occasioni su questioni per lui molto dolorose e in grado di porlo in uno stato d’ansia (come violenze fisiche o psicologiche subite o anche assistite). Ancora, il giudice può evitare l’ascolto del minore quando questo sia manifestamente superfluo; tale situazione viene di norma individuata in tutti quei casi in cui i genitori abbiano raggiunto un accordo sulle questioni di vita dei figli; in tali casi, infatti, si presume che sussista (al pari di quanto avviene nella vita quotidiana di una coppia non separata) la capacità dei genitori di trovare le soluzioni che maggiormente tutelino la prole.
Tuttavia, come chiarito dalla Suprema Corte nel caso in esame, se il giudice «ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore» il giudice può optare, «in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico. L’ascolto diretto del giudice dà, per vero, spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio».
Un ultimo caso in cui l’obbligo dell’ascolto viene meno si ha quando sia proprio il figlio a rifiutare l’audizione. Quello del figlio ad essere ascoltato, infatti, è innanzitutto un suo diritto e ad esso corrisponde anche la facoltà del minore di non avvalersene.
Avv. Claudia Romano