Tag Archivio per: art. 5

[:it]

separazione-e-soldi_smallI fatti di cui è causa

All’esito del primo e secondo grado di un giudizio di divorzio, un ex marito veniva condannato a corrispondere all’ex coniuge l’importo di € 400,00 mensili a titolo di assegno divorzile.

Senza darsi per vinto, lo stesso decideva di ricorrere sino in Cassazione, denunciando “la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonché il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”, contestando il diritto dell’ex moglie alla percezione dell’assegno divorzile in considerazione del fatto che quest’ultima:

  • era titolare “…del diritto di usufrutto su di un appartamento donato alla figlia”;
  • era altresì “…proprietaria di un’altra unità immobiliare – ristrutturata ed ampliata fino a sette vani durante il matrimonio”;
  • aveva “…diritto all’assegno sociale INPS”.

La risposta della Suprema Corte

La Suprema Corte, investita della questione, preliminarmente chiarisce, richiamando la celeberrima pronuncia delle SS.UU. n°18287 del 117/2018, che:

  • l’assegno divorzile, secondo la decisione abbia una funzione assistenziale, compensativa e perequativa, per cui debba essere determinato alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto, e che tali criteri vadano tenuti presenti sia nella attribuzione che nella quantificazione dell’assegno”;
  • la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non sia finalizzata, poi, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

Entrando nel merito della questione, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso rilevando come la Corte d’Appello, nel riconoscere in capo all’ex moglie il diritto ad un assegno divorzile e determinarne l’entità:

  • abbia operato una corretta comparazione dei redditi dei coniugi, tenendo in considerazione sia la percezione da parte della moglie di una modesta pensione mensile e la titolarità in capo alla stessa del diritto di usufrutto su un immobile sia i redditi lordi da lavoro percepiti dal marito;
  • abbia tenuto conto “…della durata del matrimonio (più di quarant’anni) e dell’addebitabilità della crisi coniugale – affermata nella decisione di primo grado e non contestata dal P. – al comportamento tenuto dal marito in costanza di matrimonio”;
  • non abbia tenuto di contro in considerazione della ristrutturazione ed ampliamento dell’immobile, di proprietà dell’ex moglie, in cui la stessa viveva, in quanto circostanza né dedotta né comprovata dal ricorrente nei precedenti gradi di giudizio.

 [:]

[:it]

separazione-e-soldi_smallCon sentenza n°32871 del 3 dicembre 2018, depositata in data 19 dicembre 2018, la I^ sezione della Corte di Cassazione è tornata nuovamente a chiarire le conseguenze della creazione di una nuova famiglia sul diritto del coniuge separato e/o divorziato all’assegno di mantenimento.

Il caso in esame

In accoglimento dell’appello promosso da un marito avverso la sentenza di separazione, con cui il giudice di prime cure aveva riconosciuto all’ex moglie il diritto a percepire un assegno separatizio, la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n°26/2015, revocava il predetto assegno di mantenimento:

  • ritenendo comprovata instaurazione di una famiglia di fatto da parte dell’appellata;
  • ritenendo applicabile al caso di specie la giurisprudenza di legittimità formatasi in punto di assegno divorzile.

Avverso la predetta sentenza ricorreva per cassazione la moglie, denunciando, con unico motivo, la “violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” ritenendo che la Corte territoriale avrebbe errato:

  • nel qualificare quale convivenza more uxorio la sua nuova relazione, nonostante l’assenza dei caratteri di stabilità della predetta;
  • nel non “…aver accertato e valutato se, dalla nuova convivenza, la ricorrente ritraesse benefici economici idonei a giustificare la diminuzione dell’assegno o, addirittura, la sua revoca”.

La decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte, investita della questione, respinge tuttavia il ricorso, alla stregua della seguente condivisibile motivazione:

  • partendo dalla disciplina normativa relativa al divorzio, gli Ermellini evidenziano come l’art. 5, comma 10, L. div. preveda espressamente che “l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze”;
  • la giurisprudenza di legittimità, a partire dalla celebre sentenza n°6855/15 ha poi esteso la causa estintiva di cui all’art. 5, co. 10, l. div. anche all’ipotesi in cui l’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile abbia costituito una nuova famiglia, ancorché non fondata sul matrimonio, affermando il seguente principio di diritto: L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost., come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo(in senso conforme anche Cass., sez. V-1^, ordinanza n°2466 del 2016);
  • recentemente la Suprema Corte, con la recente sentenza n°16982/2018, ha enunciato il seguente analogo principio in punto di assegno separatizio: “In tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l’interruzione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento che grava sull’altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi “more uxorio” siano messe in comune nell’interesse del nuovo nucleo familiare; resta salva, peraltro, la facoltà del coniuge richiedente l’assegno di provare che la convivenza di fatto non influisce “in melius” sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangono inadeguati”. (Cass. civ., sez. I^, sentenza n. 16982 del 27 giugno 2018).

La Corte, ribadendo il succitato principio, fornisce altresì i seguenti opportuni chiarimenti:

  • Il fondamento della cessazione dell’obbligo di contribuzione deve esser individuato, per quel che riguarda il divorzio ma anche la separazione personale, nel principio di autoresponsabilità, ossia nel compimento di una scelta consapevole e chiara, orgogliosamente manifestata con il compimento di fatti inequivoci, per aver dato luogo ad una unione personale stabile e continuativa, che si è sovrapposta con effetti di ordine diverso, al matrimonio, sciolto o meno che sia”;
  • come nel divorzio, “anche in caso di separazione legale dei coniugi, e di formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, indipendentemente dalla “risoluzione del rapporto coniugale” (per quanto – come si è già detto – il suo esito si renda assai probabile) si opera una rottura tra il preesistente “tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale” ed il nuovo assetto fattuale avente rilievo costituzionale, in quanto espressamente cercato e voluto dal coniuge beneficiario della solidarietà (in questo caso, ancora) coniugale”.

La Suprema Corte, da ultimo, enuncia il seguente ulteriore principio di diritto: “Anche in caso di separazione legale dei coniugi, e di formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, indipendentemente dalla “risoluzione del rapporto coniugale” (assai più che probabile) si opera una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale avente rilievo costituzionale, in quanto espressamente cercato e voluto dal coniuge beneficiario della solidarietà (in questo caso, ancora) coniugale, con il conseguente riflesso incisivo dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venire definitivamente meno”.

 [:]

© Copyright - Martignetti e Romano - P.Iva 13187681005 - Design Manà Comunicazione Privacy Policy Cookie Policy