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[:it]Risultati immagini per immagin divorce cartoonInutile per la moglie separata invocare il tenore di vita goduto durante il matrimonio, per evitare la riduzione dell’assegno di mantenimento dovuto dall’ex marito imprenditore.

La prima sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 28 giugno 2017 n. 16190, respinge il ricorso di una signora – assistente di volo Alitalia, messa in mobilità in corso di causa, che, in sede di appello, aveva subito la riduzione dell’assegno di mantenimento in suo favore, passato da 1.000 a 600 euro, mentre quello a beneficio della figlia minore era diminuito.

Per la Cassazione la valutazione sulla spettanza dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge e sulla sua quantificazione è rimessa al giudice di merito, che deve ricostruire in maniera attendibile la situazione patrimoniale dei coniugi e avere riguardo alle sole disparità reddituali.

La situazione patrimoniale dei coniugi appare essere, per la Corte, l’unico indice valutativo per la determinazione e spettanza del mantenimento, in quanto la sentenza nulla espone in ordine al presunto più alto tenore di vita goduto prima della separazione.

Nel caso in esame indubbiamente le condizioni economiche del marito imprenditore apparivano ben più “floride” di quelle della moglie, assistente di volo con contratto part-time, come verificato dalla Corte l’appello capitolina, che aveva tenuto conto anche di circostanze estranee, ad esempio l’acquisto di un appartamento comprato dopo aver lasciato la casa coniugale senza necessità di accendere un mutuo.[:]

[:it]Risultati immagini per immagina casa dolce casa«In tema di separazione personale dei coniugi, il godimento della casa familiare costituisce un valore economico – corrispondente, di regola, al canone ricavabile dalla locazione dell’immobile – del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli».

Per tale ragione la sezione VI/1 della Corte di Cassazione Civile, con ordinanza 17 dicembre 2015, n. 25420, cassa la sentenza di secondo grado, che aveva omesso del tutto di valutare il valore economico della casa coniugale rimasta nella disponibilità del marito, in contrasto con il precedente orientamento degli Ermellini (Cass. Sez. 1, sentenza n. 4203 del 2006).

Infatti:  se da un lato la casa costituisce certamente un risparmio di spesa per il coniuge che vi abita; dall’altro determina un chiaro impoverimento per l’altro coniuge, che deve lasciare l’appartamento di sua proprietà e  sobbarcarsi l’onere di un canone di locazione o di un mutuo per l’acquisto di un nuovo immobile in cui vivere.

In questo caso il valore del godimento della casa, di cui il giudice deve tenere conto nel fissare l’importo del mantenimento deve essere pari al canone di locazione ricavabile dalla locazione dell’immobile.

In altri termini: nel determinare la misura dell’assegno di mantenimento a carico di uno dei coniugi, il giudice deve considerare, quale posta passiva, le maggiori spese del coniuge non assegnatario e, comunque, in ogni caso, deve tendere a garantire l’equilibrio economico valutando prioritariamente l’esclusivo interesse dei figli, ove presenti.[:]

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