Tag Archivio per: danno endofamiliare

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Risultati immagini per immagine doloreL’obbligo della protezione della filiazione, ovverosia il diritto del figlio ad essere educato e mantenuto (obbligo conseguente alla procreazione) significa, per il figlio, poter condividere, fin dalla nascita, con il proprio genitore la relazione filiale, sia nella sfera intima ed affettiva, di primario rilievo nella costituzione e nello sviluppo dell’equilibrio psico-fisico di ogni persona, sia nella sfera sociale, mediante la condivisione ed il riconoscimento esterno dello status conseguente della procreazione.
Evidente, quindi, per la Cassazione – sentenza 22 novembre 2013 n°26205, l’automatismo tra procreazione e responsabilità genitoriale. Da tale elemento si deve dedurre, come nella vicenda in esame, il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell’ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l’assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore. Detto ancor più chiaramente, il presupposto della responsabilità, e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, è individuato nella consapevolezza del concepimento, consapevolezza che non si concretizza semplicemente con la certezza assoluta derivante dalla prova ematologica, ma anche con altri rilevanti dati di fatto, come, ad esempio, la coincidenza temporale» relativa all’esistenza di una relazione a carattere affettivo e sessuale tra la madre dei due ragazzi e l’uomo.
Ergo, qualora l’uomo ha avuto piena possibilità di essere consapevole della probabilità della propria paternità, ma ha preferito ignorare tutti i segnali, lasciando così i ragazzi privi della figura paterna e delle cure necessarie. E ciò ha provocato nei due figli un grave stato di sofferenza psicologica, derivante dalla privazione ingiustificata della figura paterna, con ripercussioni personali e sociali derivanti dalla consapevolezza di non essere mai stati desiderati ed accolti come figli.
Di qui, accertata giudizialmente la paternità,il diritto al risarcimento fissato, nell’importo di € 150.000,00 per ogni figlio,  conseguente al vuoto emotivo, relazionale e sociale, provocato dall’assenza paterna, fin dalla nascita nella vita dei due ragazzi.

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download (1)Il Tribunale di Roma, con sentenza n°18799 dell’11 ottobre 2016, si pronuncia sul ricorso per la cessazione civile degli effetti del matrimonio con cui l’ex moglie aveva richiesto altresì l’affidamento esclusivo del figlio minore alla luce dell’acutizzarsi della conflittualità tra i genitori successivamente alla separazione tra gli stessi.

Il Tribunale, pur prendendo atto dell’elevata conflittualità tra i genitori – concretantesi in “…scaramucce di natura ritorsiva, continuativa e certamente reciproca poste in essere dai due coniugi nella gestione della prole…” – ritiene, tuttavia, di confermare il regime di affidamento condiviso già disposto in sede separatizia, alla luce della mancanza di prove circa l’inidoneità genitoriale del padre e, in positivo, del “…radicato attaccamento al padre ed una profonda complicità…”, emersi dall’audizione del minore e dalla CTU espletata.

Ma non è tutto! Il Tribunale procede altresì d’ufficio ex art. 709 ter c.p.c. nei confronti della madre, rea di aver ostacolato “…il funzionamento dell’affido condiviso con gli atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna, tali da avere indirettamente indotto (il minore) a disattendere il calendario degli incontri con il padre…”. Interessante risulta la motivazione a fondamento delle sopramenzionate misure. Se da un lato, infatti, il Tribunale riconosce che l’origine del processo di alienazione del figlio nei confronti della figura paterna non tragga origine dai comportamenti materni e che anzi la madre abbia “…lasciato che i ragazzi frequentassero liberamente l’ex coniuge addirittura e delegato al medesimo, come già sopra osservato, il progetto educativo dei minori (…) ciò nondimeno la sig.ra non può ritenersi esente da responsabilità non avendo posto in essere alcun comportamento propositivo per tentare di riavvicinare (il figlio) al padre risanandone il rapporto nella direzione di un sano e doveroso recupero necessario alla crescita equilibrata del minore già gravemente a causa della patologia da cui è affetto sin dalla nascita, ma al contrario continuando a palesare la sua disapprovazione in termini screditanti nei confronti del marito.”

Di qui la condanna d’ufficio della ricorrente:

  • non solo con un ammonimento formale “…invitandosi la ricorrente ad una condotta improntata al rispetto del ruolo genitoriale dell’ex coniuge ed ad astenersi da ogni condotta negativa e denigratoria del medesimo…”;
  • ma anche condannandola al risarcimento del danno nei confronti del resistente, quantificato nell’importo di € 30.000,00, “…al fine di dissuaderla in forma concreta dalla protrazione delle condotte poste in essere”;
  • avvertendola, per giunta, che la persistenza di tale condotta “…potrà peraltro in futuro dare adito a sanzioni ancor più gravi ivi compresa la revisione delle condizioni dell’affido…”.

Di seguito il testo della sentenza:[:]

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