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La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza 21969/2024 del 24 aprile 2024, depositata in data 5 agosto 2024, ha fornito essenziali chiarimenti sulla portata della volontà del minore, qualora espressa con consapevolezza e maturità, capace di fondare essa sola l’interruzione dei rapporti con i suoi genitori, e ciò indipendentemente da una valutazione di un’eventuale responsabilità dei genitori e degli stessi motivi addotti dal figlio.

 

Il caso.

La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di una sentenza con cui la Corte d’Appello di Torino, in un giudizio di separazione vertente altresì sull’affidamento e mantenimento di una figlia adolescente, aveva prorogato l’affidamento temporaneo della minore agli zii paterni, attribuendo agli affidatari l’esercizio della responsabilità genitoriale sulla stessa, confermando altresì l’interruzione degli incontri della figlia con il padre e con la madre.

La decisione di interrompere le frequentazioni tra la figlia e i genitori veniva fondata dai giudici d’appello non solo sulle risultanze delle relazioni dei servizi sociali e sul rappresentato fallimento dei percorsi intrapresi dai genitori per il recupero della capacità genitoriale, ma soprattutto sulla volontà esternata dalla stessa minore di non aver più alcun rapporto con i genitori.

Avverso la predetta sentenza ricorreva per cassazione il padre, dolendosi inter alia:

  • dell’illegittima ingerenza dell’autorità statale su diritti consacrati agli articoli 29 e 30 Cost. nonché art. 8 CEDU e art. 24, par.3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE;
  • dell’omessa audizione dei nonni paterni della minore, a cui lo stesso non avrebbe mai rinunciato.

 

La decisione della Suprema Corte.

Ad avviso degli Ermellini tutti i motivi di ricorso sono da ritenersi inammissibili, dando continuità ad un risalente orientamento, fondato sui principi consacrati nella Convenzione ONU del 1989 sui diritti del fanciullo, secondo cui “…la circostanza che un figlio minore, divenuto oramai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti e delle loro motivazioni, provi nei confronti del genitore non affidatario sentimenti di avversione, o, addirittura, di ripulsa, – tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rapidamente e facilmente rimossi, nonostante il supporto di strutture sociali e psicopedagogiche – costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri tra il minore stesso e il coniuge non affidatario (cfr. cass. 317/1998)”.

 

In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto:

  • correttamente e ampiamente motivato dal giudice del gravame la totale inidoneità paterna “…immaturo ed affetto da ossessioni patologiche, ad intrattenere rapporti sereni ed equilibrati con la figlia, nonostante i tentativi fatti per consentirgli un recupero della capacità genitoriale, falliti per il suo comportamento, a tratti perfino aggressivo”;
  • dirimente l’accertamento operato dalla Corte d’Appello “…sulla base della relazione della curatrice – che l’interruzione di ogni contatto con il padre corrisponde alle ‘accorate richieste (della minore)’, rimaste fino ad allora inascoltate”;
  • il grado di maturità e consapevolezza della minore, giudicata “…intellettivamente molto dotata, con una maturità superiore all’età, che ha sempre mostrato una piena autonomia di giudizio e una non comune lucidità di lettura degli avvenimenti in cui è stata coinvolta”.

 

La Corte di Cassazione spingendosi oltre il caso concreto, chiarisce altresì come la sospensione degli incontri genitore figlio possa essere disposta indipendentemente sia “dalle eventuali responsabilità di ciascuno dei genitori rispetto all’atteggiamento del figlio” che “dalla fondatezza delle motivazioni addotte da quest’ultimo per giustificare detti sentimenti”.

Ad avviso della Suprema Corte infatti, la valutazione demandata al giudicante verte sulla “profondità e intensità” dei predetti  sentimenti e su un giudizio prognostico sugli effetti che “…il prosieguo degli incontri con il genitore avversato potrebbe portare” ovvero se “ad un superamento senza gravi traumi psichici della sua animosità iniziale ovvero ad una dannosa radicalizzazione della stessa”.

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