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La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n°8816 del 12 maggio 2020, offre i seguenti importanti chiarimenti in merito alla decorrenza dell’obbligo di mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio e alla natura dichiarativa del relativo provvedimento:

  • l’obbligazione di mantenimento ex art. 148 c.c. decorre dalla nascita del figlio e, pertanto, “…nel caso di successiva cessazione della convivenza fra i genitori, l’obbligo del genitore non affidatario o collocatario decorre non già dalla proposizione della domanda giudiziale, bensì dalla effettiva cessazione della coabitazione (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3302 del 08/02/2017, Rv. 643362 – 02)”.
  • il limite alla retroattività della statuizione è costituito dall’espressa domanda della parte, attenendo tale pronuncia alla definizione dei rapporti pregressi tra debitori solidali (i genitori nei riguardi del figlio), ossia a diritti disponibili, e, quindi, non incidendo sull’interesse superiore del minore (v., sul punto, Sez. 1, Sentenza n. 7960 del 28/03/2017, Rv. 644834 – 02)”;
  • “…deve quindi affermarsi che la decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento a carico del genitore non affidatario o collocatario non ha effetti costituitivi, bensì meramente dichiarativi di un diritto che, nell’an, è direttamente connesso allo status genitoriale”;
  • Tale pronuncia, pertanto, retroagisce naturalmente al momento della domanda, senza necessità di apposita statuizione sul punto”, con facoltà del giudice “…di graduare il quantum debeatur in relazione ai diversi periodi di vita del minore, anziché prevedere un unico importo medio, fissandone le relative decorrenze”.

La Suprema Corte, enuncia pertanto il seguente condivisibile il principio di diritto: “La decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento, ai sensi dell’art. 148 c.c., del figlio naturale da parte del genitore non affidatario retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure – se successiva dall’effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di apposita statuizione sul punto. La decisione adottata dalla corte d’appello all’esito dell’eventuale reclamo si sostituisce a quella del tribunale per i minorenni e produce effetti con la medesima decorrenza“.[:]

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imagesLa Suprema Corte di Cassazione, sez. VI^ – 1, con ordinanza n°22411 del 21 maggio 2019, pubblicata in data 6 settembre 2019, ha chiarito la portata da attribuirsi al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato con particolare riferimento alla modalità di affidamento di un figlio nato fuori dal matrimonio.

La vicenda in esame

I genitori di un bambino nato fuori dal matrimonio si rivolgevano congiuntamente al Tribunale per vedere regolamentato, conformemente all’accordo tra gli stessi intercorso, l’affidamento del minore e le modalità di esercizio del diritto di visita da parte del padre.

La madre, tuttavia, proponeva reclamo avverso il predetto provvedimento, ritenendo che il Tribunale non avesse trasfuso correttamente gli accordi intervenuti trai genitori e che le modalità di frequentazione padre-figlio fossero eccessivamente frammentate. Il giudice del gravame, tuttavia, confermava la statuizione del giudice di prime cure, in quanto ritenuta corrispondente al superiore interesse del minore.

La signora decideva pertanto di ricorrere sino in Cassazione, censurando l’operato della Corte d’Appello in quanto, a suo dire, quest’ultima si sarebbe limitata a verificare la corrispondenza dell’accordo raggiunto trai genitori con quanto disposto dal Tribunale, senza analizzare le sue doglianze, violando così il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

La decisione della Suprema Corte

La VI^ sezione, investita del ricorso, lo reputa tuttavia infondato alla luce delle seguenti condivisibili motivazioni:

  • come noto, i provvedimenti riguardo ai figli di cui all’art. 337 ter c.p.c. devono essere improntati al superiore interesse degli stessi;
  • il giudice pertanto se da un lato può prendere atto degli accordi intervenuti tra i genitori “…solo se gli stessi risultano ‘non contrari all’interesse dei figli’”, dall’altro può pronunciarsi anche ultra petita, difformemente dagli accordi raggiunti tra i genitori, qualora reputati contrari all’interesse dei figli (Cass. n. 25055 del 23/10/2017; Cass. n. 11412 del 22/05/2014;
  • a ciò consegue che la trasposizione del formale accordo dei genitori nel provvedimento giudiziale deve comunque essere conseguente alla valutazione della sua corrispondenza al superiore interesse del minore;
  • nel caso di specie non sarebbe pertanto rilevante la contestazione da parte della madre della non corretta trasposizione degli accordi dei genitori nel provvedimento impugnato, essendo dirimente unicamente l’avvenuta valutazione da parte del giudice della corrispondenza delle statuizioni al superiore interesse del minore;
  • in aggiunta, la ricorrente non avrebbe parimenti chiarito né la regolamentazione vigente né i motivi per i quali riteneva la stessa contraria all’interesse del minore.

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kate-separatedLa Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza ordinanza n°16404 del 19 giugno 2019, ha chiarito che, con riferimento al rimborso delle spese di mantenimento del minore, “…che ove ad esse abbia provveduto integralmente uno soltanto di suoi genitori (come pacificamente accaduto nella specie), a questi spetti il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota relativa al genitore inadempiente, secondo le regole generali sul rapporto fra condebitori solidali: come si desume, in particolare, dall’art. 148 c.c. (richiamato dall’art. 261 c.c., entrambi nei rispettivi testi, qui applicabili ratione temporis, vigenti anteriormente al D.Lgs. n. 154 del 2013, entrato in vigore il 7 febbraio 2014), che, prevedendo l’azione giudiziaria contro tale genitore, postula il diritto del genitore adempiente di agire (appunto, in regresso) nei confronti dell’altro (cfr. Cass. n. 15063 del 2000; Cass. n. 10124 del 2004)”.

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