[:it]Con sentenza del 22 gennaio 2010, n°9633, la I^ sezione della Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata su un’annosa questione, frutto di accesi dibattiti tra avvocati e clienti: la determinazione del compenso professionale.
La vicenda trae origine dalla liquidazione da parte del giudice delegato del fallimento di una società in favore del difensore della suddetta di un importo notevolmente inferiore a quanto determinato dallo stesso professionista, il quale, pertanto decideva di ricorrere sino in Cassazione.
In particolare, il collega deduceva “…la violazione di legge, variamente articolata, nell’erronea affermazione del vincolo di giudicato in ordine al compenso da liquidare al professionista”.
La Corte di cassazione, accogliendo il ricorso, giudica fondato il predetto motivo ritenendo, in particolare, che “…la statuizione concernente il regolamento delle spese nell’ambito del giudizio contenzioso patrocinato dall’avv. ___, non può in alcun modo vincolare la successiva liquidazione del corrispettivo professionale dovuto dal fallimento da lui rappresentato”. Ad avviso della S.C., infatti, “…la determinazione degli onorari nei confronti del cliente soggiace, infatti, a criteri legali diversi da quelli applicabili nei confronti del soccombente. Quest’ultima dipende, innanzitutto, dall’esito vittorioso della lite ma può essere perfino negata, in tutto o in parte, in forza di compensazione dettata da ragioni affatto estranee alla qualità della prestazione professionale, oggetto di un’obbligazione di mezzi”.
Da ultimo, la Corte di legittimità chiarisce come la differenza esistente tra rapporto processuale e rapporto contrattuale interno tra avvocato e cliente comporti pertanto l’applicazione di diversi criteri di liquidazione.
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