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Ribadisce la II sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 11 marzo 2016, n. 4825 che il contratto di rendita vitalizia ha natura aleatoria, postulando l’esistenza di una situazione di incertezza circa il vantaggio o lo svantaggio economico che potrà alternativamente realizzarsi nello svolgimento e nella durata del rapporto.

Be consegue che il difetto di alea è riscontrabile ogni qual volta in cui l’entità della prestazione assicurata sia inferiore o pari ai frutti o agli utili ricavabili dal cespite dovuto, ovvero quando il beneficiario della rendita sia da ritenere prossimo alla morte per malattia o età: in tali ipotesi, il contratto è nullo per difetto di causa.

Nel caso in esame, il Giudice di legittimità ha ritenuto il contratto di carattere aleatorio, pur avendo accertato che il vitalizio era di poco superiore alla rendita ricavabile dall’immobile, limitandosi a considerare, da un lato, la possibilità di sopravvivenza della ricorrente (76 anni) rapportandola alla durata media della vita delle donne (83 anni), e dall’altro, l’importo della rendita vitalizia senza compiere una verifica circa il valore dell’immobile trasferito e la eventuale sproporzione rispetto alla rendita erogata in rapporto alla sopravvivenza del vitaliziando.

Invece, occorreva valutare se, anche considerando il protrarsi della vita della vitalizianda oltre quella media, sarebbe stato possibile determinare preventivamente i vantaggi derivanti dal contratto ovvero verificare se, al momento della conclusione del contratto, il rischio per il vitaliziante ed il vitaliziato fosse identico: il che sarebbe stato da escludere ove la prestazione posta a carico del primo non fosse stata tale da potere intaccare il valore rappresentato dal cespite trasferito.

In sostanza, la Corte di Appello non aveva tenuto conto della eventuale sproporzione – obiettivamente valutabile al momento della stipulazione del contratto- fra il valore acquisito dal vitaliziante (il trasferimento della proprietà dell’immobile) rispetto all’importo della rendita da corrispondere per la probabile durata della vita del vitaliziato: tale sproporzione, traducendosi in un evidente vantaggio per il primo,avrebbe dovuto indurre ad escludere l’aleatorietà del contratto, che consiste nella obiettiva incertezza sui vantaggi e i sacrifici reciprocamente derivanti alle parti dalle prestazioni.

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