A rischio incostituzionalità la prevalenza del cognome del padre
Il cognome è il nome che indica a quale famiglia appartiene una persona e, insieme al prenome, o “nome proprio di persona”, forma l’antroponimo.
Ma nel nostro ordinamento esiste l’obbligo del cognome paterno?
La legge in Italia preferisce il cognome del padre a quello della madre, anche quando al figlio vengono dati entrambi i cognomi, quello del padre viene prima di quello della madre.
Il motivo dovrebbe essere ricercato nella volontà di attribuire un riconoscimento formale alla paternità, visto che la maternità è sempre sicura.
Tuttavia non si può affermare che esista una vera e propria regola che imponga di dare ai figli il cognome del padre.
L’articolo 6 del codice civile, che disciplina il diritto al nome, dispone infatti soltanto che «ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome».
A tale conclusione era giunta anche la Cassazione con l’ordinanza n. 13298/2004 con la quale aveva evidenziato che non esiste nel nostro ordinamento una disposizione diretta ad attribuire ai figli legittimi il cognome paterno.
Tanto che la Corte Costituzionale sulla questione del cognome dei figli, si è espressa con la storica sentenza n. 286/2016, con la quale ha dichiarato incostituzionali le norme che disciplinano il cognome, nella parte nella quale, quando nasce un figlio, non consentono ai genitori di comune accordo, di attribuire allo stesso anche il cognome materno.
La previsione della Corte Costituzione si riferisce sia alle coppie sposate che a quelle di conviventi, nonché ai figli avuti in adozione.
Ma cosa accade se il riconoscimento dei figli naturali non è contemporaneo?
L’art. 262, I co, c.c. stabilisce che il figlio nato fuori dal matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto, senza alcun accenno alla maternità o alla paternità, ma richiamando un criterio temporale. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.
Sulla scorta di queste considerazioni, il 14 gennaio scorso, attraverso un comunicato, la Corte Costituzionale ha informato che è stata sollevata davanti alla stessa, dal Tribunale di Bolzano, una questione di costituzionalità in relazione formulazione del predetto articolo 262 comma 1 del codice civile «là dove non prevede, in caso di accordo tra i genitori, la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno».
La Consulta, con l’ordinanza 18/2021, relatore Giuliano Amato, però è andata oltre, rimettendo a se stessa la questione di legittimità dell’articolo 262, nella parte in cui, in mancanza di accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.
A sostegno della decisione di auto rimessione della questione di legittimità (pregiudiziale rispetto a quella sollevata dal Tribunale di Bolzano), la Corte ha osservato che, qualora venisse accolta la prospettazione del Tribunale di Bolzano, in tutti i casi in cui manchi l’accordo dovrebbe essere ribadita la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno. E poiché si tratta dei casi verosimilmente più frequenti, verrebbe ad essere così riconfermata la prevalenza del patronimico, la cui incompatibilità con il valore fondamentale dell’uguaglianza è stata riconosciuta, ormai da tempo, dalla stessa Corte, che ha più volte invitato il legislatore a intervenire.
Si è ancora in attesa della pronuncia di costituzionalità da parte della Corte, la cui rilevanza è evidente, in un momento storico nel quale si sta facendo molto per contrastare qualsiasi forma di discriminazione di genere.
Avv. Claudia Romano