ALLONTANARE IL FIGLIO DALL’ALTRO GENITORE LEDE IL DIRITTO ALLA BIGENITORIALITÀ
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(Cassazione Civile ordinanza n. 28723 del 16 dicembre 2020)
L’evoluzione del diritto di famiglia, allo stato dell’arte, si deve ancora occupare della portata e dei confini entro i quali circoscrivere il concetto di bigenitorialità, introdotto dalla legge n. 54 del 2006.
In cosa consiste il principio di bigenitorialità?
Il principio di bigenitorialità è il principio etico in base al quale un bambino ha una legittima aspirazione, vale a dire, un legittimo diritto a mantenere un rapporto stabile e tendenzialmente paritetico con entrambi i genitori, anche se gli stessi siano separati o divorziati.
Questo diritto si basa, in questa impostazione, sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell’altro genitore, per il quale non può e non deve essere condizionato da un’eventuale separazione e su questo diritto non si può fare ricadere la responsabilità di scelte separative dei genitori.
In altre parole la bigenitorialità non implica che si trascorra uguale tempo con entrambi i genitori, ma significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori nel progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento della separazione.
Il principio di bigenitorialità, in presenza di separazione e di divorzio dei coniugi, si trasforma nel dovere del giudice di preferire sempre l’affido condiviso della prole anziché quello esclusivo.
Il compito dell’organo giudicante diventa particolarmente difficile quando sul piano pratico si verifica l’esistenza di una situazione di conflitto tra i genitori, alimentata da una competitività esasperata, tesa a distorcere le finalità dell’istituto attraverso sopraffazioni di carattere egoistico idonee a sacrificare le aspirazioni di esistenza dei figli.
In un simile contesto si pone un’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con ordinanza n. 28723 del 2020), con la quale la Corte ha affermato che gli atteggiamenti ostruzionistici di un genitore che ostacolano il rapporto padre-figlio ledono il diritto alla bigenitorialità del minore e possono comportare una decadenza dalla responsabilità genitoriale.
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un padre innanzi al Tribunale per i Minorenni di Firenze affinchè fosse dichiarata la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre del figlio minore in comune e l’allontanamento di quest’ultimo dall’abitazione materna.
Ciò in quanto la stessa ostacolava i rapporti padre-figlio, generando una situazione di alienazione parentale (cd. PAS, Parental Alienation Syndrome).
Il Tribunale rigettava, tuttavia, le richieste, inducendo l’uomo ad impugnare tale decisione davanti alla Corte d’Appello. Ma anche in questa sede, l’uomo vedeva rigettate le sue domande.
Il padre proponeva dunque ricorso per Cassazione, lamentando – in particolare – l’erroneità della decisione della Corte d’appello, che si era focalizzata sull’incapacità del padre di relazionarsi con il figlio senza prendere in considerazione i comportamenti posti in essere dalla madre per allontanare la figura paterna dal figlio.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza in oggetto ha invece accolto i motivi principali del ricorso di un padre, ribadendo l’importanza della tutela del diritto dei minori alla bigenitorialità, da intendersi, come più volte interpretato dalla giurisprudenza della Corte Edu, anche come rigoroso controllo, delle autorità giudiziali nazionali, sulle restrizioni supplementari, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori.
Avv. Claudia Romano