Cass. 13 gennaio 2016, n. 336 – no all’autonomo risarcimento del c.d. “danno esistenziale”

[:it]Nel nostro ordinamento giuridico non è ammissibile l’autonoma categoria del “danno esistenziale”, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona.

A ribadirlo è la terza sezione della Corte di cassazione con la sentenza 13 gennaio 2016, n. 336.

Nel caso in esame, gli eredi avevano lamentavano l’esclusione del danno esistenziale da parte del corte del merito che aveva sconfessato il risarcimento riconosciuto invece dal giudice di prime cure. Di diverso avviso la Corte di legittimità, secondo cui il danno esistenziale non poteva essere liquidato come voce autonoma, essendo stato già liquidato agli attori il risarcimento del danno non patrimoniale, comprensivo sia della sofferenza soggettiva che del danno costituito dalla lesione del rapporto parentale e dal conseguente sconvolgimento dell’esistenza.

E ciò in quanto: – nel caso in cui in tale categoria di danno si intendesse ricomprendere i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi risultano già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; – nel caso in cui, al contrario, nel “danno esistenziale” si volessero includere i pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c.

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