Come comunicare la decisione di separarsi ai figli (intervista al prof. Domenico Mazzullo)

[:it]Una volta presa la decisione di separarsi, bisogna comunicarlo al bambino. Si tratta di un momento delicato, da gestire bene per renderlo una circostanza accettabile e non un evento troppo doloroso.

Quando mamma e papà decidono di separarsi, non devono mai perdere di vista l’irrinunciabile necessità di proteggere la serenità del figlio. Con questa premessa , psichiatra e psicoterapeuta a Roma, volto noto per diverse partecipazioni tv, offre una bussola ai genitori in un momento così delicato e doloroso della loro vita.

Fino a che età è meglio che la separazione avvenga e basta, senza alcuna spiegazione ai figli?

In modo indicativo, fino ai tre-quattro anni di età non occorre formalizzare la separazione con le parole. Nei primi anni di vita i bambini non hanno gli strumenti per comprendere pienamente il significato di “separazione dei genitori”. Di conseguenza, anche selezionando con la massima cura ogni singola affermazione, la comunicazione potrebbe creare solo disorientamento, senza peraltro raggiungere l’obiettivo di “far capire”.

Se il bambino è molto piccolo, come ci si deve comportare allora?

Bisogna continuare a garantirgli la possibilità di stare spesso anche con il genitore non affidatario, che di solito è il papà. Con il passare del tempo il bambino apprenderà che il papà non dorme più con la mamma, non mangia, non fa la doccia, non guarda più la televisione in casa, però c’è ancora, c’è sempre. Il papà arriva ed è affettuoso. Gioca, ascolta, scherza, solo che per stare insieme a lui bisogna andare in un’altra casa. La “casa del papà”, appunto. Di solito, i bambini piccoli si adattano ben presto alle nuove consuetudini senza risentirne. A patto, però, di non esporli a scenate, urla, giochi al massacro, guerriglie.

E’ vero che una volta separati i genitori non dovrebbero ricreare occasioni per stare tutti e tre insieme, in quanto potrebbero generare false illusioni nel bambino?

Non c’è una risposta che vale in assoluto. Tutto dipende dal rapporto che c’è tra i genitori. Se i genitori hanno mantenuto un legame amichevole va benissimo che almeno qualche volta stiano entrambi insieme al bambino, per dargli un’ulteriore prova di amarlo in modo equivalente. Se, invece, tra i genitori ci sono ancora conflitti e rancori è meglio evitare incontri a tre in quanto il bambino quasi certamente avvertirebbe una negatività che potrebbe turbarlo.

Quando il bambino è già in grado di comprendere, come gli si deve spiegare che ci si separa?

Con semplicità gli va detto che i genitori, pur volendosi bene, non desiderano più abitare nella stessa casa. Immediatamente dopo si deve sottolineare che l’affetto che entrambi provano per lui rimarrà invariato, che entrambi per lui ci saranno sempre e sempre potrà contare su entrambi. Questa “dichiarazione di intenti” dovrà in seguito essere confermata dai fatti.

I genitori devono parlare al bambino insieme e nello stesso momento oppure separatamente?

E’ diffusa la convinzione che sia meglio che i genitori comunichino insieme l’intenzione di separarsi. Invece può essere più opportuno che ciascun genitori parli a tu per tu con il bambino. In questo modo si elimina il cosiddetto “effetto triangolo” che trova la sua più deleteria espressione nell’impulso del bambino di allearsi con uno dei genitori a discapito dell’altro.

Basta un nulla: uno sguardo più triste, un’inflessione di voce più accorata e il bambino può schierarsi con il genitore che si dimostra più debole.

Quando questo succede il genitore messo da parte può sviluppare sentimenti di autocommiserazione (o di estrema ostilità nei confronti dell’ex coniuge) che possono suggerirgli atteggiamenti sbagliati e controproducenti. E’ ovvio però che il contenuto della conversazione deve essere prima concordato: i due genitori dovranno cioè dire più o meno la stessa cosa, sia pure in momenti diversi.

Qual è l’errore più grave che si può commettere quando si comunica al bambino la decisione di separarsi?

Gli errore gravissimi, che possono gettare il bambino in uno stato di vero sconforto sono due: – mettere in cattiva luce l’altro genitore; – cercare di tirare il bambino dalla propria parte, incoraggiandolo a prendere le distanze dall’altro genitore. Non bisogna mai dimenticare che il bambino ama entrambi i genitori allo stesso modo e che esercitare su di lui una pressione psicologica affinché in qualche modo parteggi per l’uno o per l’altro, all’interno di una sfida che non può comprendere, è una violenza.

Bisogna dire subito che il papà abiterà in un’altra casa?

Sì, con i bambini è giusto sottolineare l’ovvio. Va quindi detto che siccome la mamma e il papà non staranno più insieme il papà andrà a stare in un’altra casa (oppure lui e la mamma o lui e il papà cambieranno casa).

E’ opportuno che dopo la separazione dei genitori il bambino rimanga nella stessa casa di prima?

Sì, se è possibile sarebbe meglio non far trasferire il bambino in un’altra casa perché un simile cambiamento può comportare un forte stress. Nel momento della separazione è bene eliminare qualsiasi ulteriore fonte di tensione emotiva.

Nella “casa del papà” il bambino dovrebbe avere una stanza tutta per sé?

Sarebbe bene che il bambino anche nella casa del papà avesse una stanzetta tutta per sé. In questo modo è meno probabile che nella casa del padre si senta un ospite. Se non è possibile mettergli a disposizione una camera, bisogna almeno offrirgli qualche spazio che gli consenta di sentirsi comunque non solo ben accolto, ma anche atteso.

Dovrebbe quindi avere un cassetto tutto suo con dentro qualche capo di abbigliamento e di biancheria, un cesto dove tenere i giocattoli da lasciare nella casa del papà, una piccola scrivania con album, pastelli, librettini.

Nel momento in cui subentra un’altra persona nella vita di uno o di entrambi i genitori si deve dire fin da subito al bambino?

La conoscenza di un nuovo compagno o una nuova compagna dei genitori deve avvenire in modo il più possibile graduale. Si può cominciare vedendosi fuori casa, per esempio ai giardini pubblici. Poi si può organizzare un cinema o una pizza. Non bisogna in nessun caso forzare la mano, ma attendere con pazienza che i tempi siano maturi.

Come si deve comportare il nuovo compagno?

Il nuovo compagno o la nuova compagna dovrebbero essere spontanei e poco invadenti. Esagerare in attenzioni sarebbe sbagliato: il bambino, con le sue specialissime antenne, coglierebbe l’artificiosità di un atteggiamento troppo compiacente, troppo teso ad accaparrarsi consensi e simpatia e potrebbe mettersi sulle difensive. Apertura e disponibilità sono d’obbligo, ma ogni eccesso è da bandire.

Come va spiegata la presenza di un’altra persona a fianco di uno o di entrambi i genitori?

Bisogna dire che ci si sentiva molto soli e che questo nuovo amico (o amica) è la soluzione a questa solitudine. Va fatto presente che si tratta di una persona di cui fidarsi e su cui anche lui, il bambino, può contare. Il legame affettivo verrà poi: anche su questo fronte è meglio non fare pressioni. Si deve comunque precisare che quel signore o quella signora non prendono il posto di nessuno: diversamente il bambino potrebbe percepirli come usurpatori, a svantaggio del futuro rapporto.[:]

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