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[:it]certificato-medicoIl caso in esame

Un collega, difensore d’ufficio, con istanza depositata del 27 aprile 2017 nel giudizio d’appello, chiedeva disporsi rinvio dell’udienza “…perché legittimamente impedito a comparirvi a causa di malattia…”, allegando all’uopo certificazione del suo medico curante che recitava testualmente: “Certifico che (…) è affetta da influenza. Si consigliano 4 gg. di riposo“.

La Corte di appello rigettava, tuttavia, la suddetta richiesta rilevando la mancanza del carattere assoluto dell’impedimento.

Il difensore decideva pertanto di ricorrere per cassazione dolendosi ex multis, del“l’inosservanza o comunque l’erronea applicazione degli artt. 484 e 420-ter c.p.p., e la violazione del diritto di difesa quale conseguenza del mancato riconoscimento del legittimo impedimento a comparire dovuto a malattia del difensore ritualmente certificata dal medico curante”.

 

Il principio enunciato dalla Suprema Corte

La Suprema Corte, investita della questione, richiamando alcuni suoi illustri precedenti, ribadisce preliminarmente il seguente principio applicato successivamente al caso di specie: “…il giudice, nel valutare il certificato medico, deve attenersi alla natura dell’infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l’assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto e senza dover necessariamente disporre una “visita fiscale” o un accertamento tecnico, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l’imputato o del difensore” (Cass. SS.UU. n°36635 del 27/09/2005; Cass., Sez. II^, n. 12948 del 05/03/2004).

 

La prova assoluta del legittimo impedimento

Ciò chiarito, gli Ermellini pongono in evidenza la necessità che la certificazione medica attestante l’impossibilità a comparire del difensore debba in generale essere idonea a comprovare “…la sussistenza dell’impedimento, indicandone la patologia ed i profili ostativi alla personale comparizione (citando sul punto il precedente delle SS.UU. n°41432 del 21 luglio 2016).

La Suprema Corte, dichiara pertanto manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, ritenendo inidonea la certificazione medica allegata dal difensore in quanto “…il certificato medico non fornisce alcuna informazione sulla natura assoluta della impossibilità di comparire”, risultando privo dell’indicazione del “… grado della febbre e a quale grave e non evitabile rischio per la salute sarebbe andato incontro il difensore in caso di presenza all’udienza”.

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La Cassazione penale, sez. VI^, con sentenza del 19 gennaio 2017 n°2666, si è pronunciata sulla richiesta di condanna di un padre, per il reato di cui alla legge 24/2006, art. 3, per aver versato all’ex-compagna solo parte della somma per il mantenimento del figlio minorenne, rispetto al maggiore importo fissato dal Tribunale per i Minorenni, nonché per aver omesso di versare la quota del 50% delle spese mediche e straordinarie.

La vicenda si conclude in Cassazione con un annullamento senza rinvio da parte dei giudici di legittimità, perché il fatto oggetto di contestazione e di condanna nei giudizi di merito non è previsto dalla legge come reato.

Ad avviso dei giudizi di Piazza Cavour, l’applicabilità della legge n°54/2006 ai procedimenti civili riguardanti i figli delle coppie di fatto non comporta tout court l’estensione a questi ultimi delle norme penali sostanziali poste a tutela degli obblighi economici di chi era unito dal vincolo matrimoniale. L’art. 3 della legge n°54/2006, in forza del quale “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898“, deve essere letto pertanto nel contesto della disciplina dettata dalla legge 8 febbraio 2006, n°54, e, in particolare, dell’art. 4, comma 2, che recita: “Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati“.

La soluzione appena indicata, oltre ad essere attenta al dato testuale delle disposizioni di legge, risponde anche al principio del cd. “diritto penale minimo” e non lede, per il giudice di legittimità, la posizione sostanziale dei figli di genitori non coniugati, per la cui tutela è possibile il ricorso a tutte le azioni civili, ferma restando, inoltre, l’applicabilità della fattispecie di cui all’art. 570, secondo, comma, n. 2, c.p.

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