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downloadCari amici Gengle,

di recente alcuni di voi mi hanno chiesto di spiegare quali possono essere le “giuste” armi da usare al fine di convincere il proprio ex inadempiente a versare il mantenimento dovuto per i figli. Nelle prossime righe proverò a fornirvi una risposta quanto più esauriente, distinguendo tra tutela penale e civile.

È necessario ricorrere subito dinnanzi al Tribunale?

No. In generale consiglio, come primo passo, di fare inviare una lettera di diffida e messa in mora, invitando il genitore inadempiente a versare il mantenimento arretrato, comprensivo di rivalutazione I.S.T.A.T. Molto spesso, infatti, l’effetto dissuasivo della lettera del vostro legale di fiducia potrebbe sortire gli stessi effetti con notevole risparmio di tempo e di denaro.

NB: per quanto attiene alla rivalutazione I.S.T.A.T. è importante che vi ricordiate che la stessa, se non richiesta tempestivamente, si prescrive nell’arco di 5 anni.

E se il mio ex non risponde o si rifiuta?

In tal caso, in virtù del provvedimento del Tribunale che regolamenta il mantenimento, sarà possibile agire in via esecutiva contro il vostro. A tal fine occorrerà notificargli dapprima un precetto di pagamento e successivamente scegliere tra gli strumenti individuati dal legislatore, quali il pignoramento dei suoi conti correnti, il pignoramento mobiliare ovvero immobiliare.

E se l’esecuzione è infruttuosa?

Se le azioni esecutive non hanno dato i frutti sperati non temete! Di recente, infatti, è stato istituito un apposito Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno, a cui è possibile accedere. Occorre però sottolineare come tale possibilità risulta allo stato “ristretta” esclusivamente ai soli coniugi separati. Ulteriore aspetto problematico riguarda la capienza del fondo, pari a soli ad euro 250.000 per l’anno 2016 ed euro 500.000 per l’anno 2017. Sul punto vi rimando al mio precedente articolo dedicato proprio a questo Fondo.

Ci sono rimedi per prevenire futuri inadempimenti?

Ci sono anche rimedi previsti dal codice civile al fine di garantire l’esatto adempimento delle obbligazioni di mantenimento, quale, ad esempio, richiedere al giudice di disporre l’ordine diretto di pagamento al terzo debitore del coniuge inadempiente. Questi terzi, di solito, sono il datore di lavoro dell’ex ovvero il conduttore di un appartamento di sua proprietà. L’importante è che il terzo sia un debitore di una somma determinata, indipendentemente dal fatto che sia una prestazione periodica o meno. Il presupposto, come chiarito dalla Corte di Cassazione (tra le tante Cass. n°23668/06), al fine di poter ottenere un ordine di pagamento diretto, consiste nell’idoneità del comportamento dell’ex inadempiente a suscitare dubbi sull’esattezza e regolarità del versamento in futuro del mantenimento.

In caso di inadempienza, inoltre, è possibile ottenere il sequestro dei beni dell’ex obbligato al mantenimento ai sensi dell’art. 156, comma 6 c.c.. Il vantaggio, rispetto al sequestro conservativo, è la necessità di dimostrare unicamente il fatto oggettivo dell’inadempimento, a prescindere dunque dalla dimostrazione del periculum in mora, ovvero la prova della gravità dell’inadempimento e/o l’intento di sottrarsi all’obbligo. Requisito necessario, tuttavia, è che vi sia già un provvedimento del giudice che stabilisca l’assegno di mantenimento.

Qualora poi l’ex inadempiente sia proprietario di beni immobili, sarà possibile procedere all’iscrizione di ipoteca giudiziale sul bene, garantendo così il mantenimento futuro.

L’inadempimento può essere sanzionato penalmente?

Per alcune persone il rischio di una condanna penale è un deterrente ben più forte rispetto alle tutele civilistiche. Il nostro codice penale, all’art. 570 c.p., prevede, infatti, la possibilità di condannare il coniuge in caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Detto articolo, al comma 1, statuisce infatti che: “Chiunque abbandona il domicilio domestico o, comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centrotre a milletrentadue euro.” Il successivo comma 2 chiarisce che “Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.

Occorre però fare un’ulteriore precisazione. La Corte di Cassazione, con sentenza del 19 gennaio 2017 n°2666, pronunciandosi sulla richiesta di condanna di un ex non sposato per il parziale versamento del mantenimento per il figlio minore, ha ritenuto l’art. 570, co. 2, c.p. non applicabile ai genitori non coniugati.

Occorre altresì rilevare che, per venire condannato, il coniuge deve essere stato mosso dalla volontà di non adempiere e l’inadempimento deve essere considerato di non scarsa rilevanza.

È possibile fare sanzionare il genitore inadempiente anche in sede civile?

Certamente. L’art. 709 ter c.p.c. prevede, infatti, che “…In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore odo ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;

3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;

4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 a favore della Cassa delle ammende.

E se il mio ex vuole trasferirsi all’estero per sottrarsi all’obbligo di mantenimento?

Non temete! Il genitore inadempiente è solito recarsi all’estero, la revoca del suo passaporto potrebbe essere un’arma decisamente efficace. L’art. 12, secondo comma, della legge 21 novembre 1967, n. 1185 e successive modifiche dispone infatti che: “Il passaporto è altresì ritirato quando il titolare si trovi all’estero e, ad istanza degli aventi diritto, non sia in grado di offrire la prova dell’adempimento degli obblighi alimentari […] che riguardino i discendenti di età minore…”. A tal fine basterà non dare il proprio consenso al rilascio del passaporto o, qualora sia già stato dato, revocare il proprio consenso attraverso una semplice dichiarazione in questura. Quest’ultima dovrà individuare puntualmente l’inadempimento e il rischio di fuga e terminare con una dichiarazione del seguente tenore: “revoco il mio assenso all’espatrio del sig./della sig.ra ____ e chiedo il ritiro del passaporto, l’inibitoria all’utilizzo di ogni documento riconosciuto equipollente al passaporto ai fini dell’uscita dal territorio della Repubblica italiana, nonché l’adozione di ogni provvedimento atto ad impedirne l’uscita dal territorio nazionale”.

Questo strumento, ancora poco usato, può avere in numerosi casi un’importante effetto deterrente, inducendo il genitore inadempiente a versare il mantenimento.

La violazione degli obblighi di mantenimento ha effetti sull’affido?

Infine, la violazione costante degli obblighi di mantenimento potrebbero legittimare l’affido superesclusivo del figlio minore all’altro genitore ai sensi dell’art. 337 quater c.c., come recentemente ribadito dal Tribunale di Modena, con sentenza del 26 gennaio 2016

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downloadIl 14 gennaio 2017 è stato pubblicato in G.U. (n°11 del 14/01/2017) il Decreto del Ministero della Giustizia, del 15 dicembre 2016, che individua i Tribunali presso i quali sarà avviato a breve il c.d. “Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in Stato di bisogno”, introdotto dall’art. 1, co. 414-416, legge n°208 del 28 ottobre 2015.

Che cos’è il Fondo di solidarietà, quali sono le sue finalità?

Il Fondo di solidarietà nasce quale risposta all’emergenziale situazione di quei nuclei familiari disgregati il cui sostentamento è legato inscindibilmente alla corresponsione dell’assegno di mantenimento. In questo periodo di crisi economica, infatti, per scelta o per necessità, accade sempre più di frequente che il coniuge obbligato al mantenimento della prole minorenne e/o portatrice di handicap grave si renda inadempiente, privando sostanzialmente la famiglia dei redditi necessari alla mera sopravvivenza. Attraverso il recente intervento legislativo, il Legislatore intende risolvere detto impasse prevedendo la possibilità per il coniuge convivente di accedere al predetto Fondo in caso di inadempienza del coniuge obbligato, ottenendo un’anticipazione di una somma non superiore al mantenimento dovuto.

Chi può beneficiarne?

All’art. 1, lett. b), il D.M. definisce “richiedente, il coniuge separato in stato di bisogno con il quale convivono figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave che non abbia ricevuto l’assegno periodico a titolo di mantenimento per inadempienza del coniuge che vi era tenuto, in possesso dei requisiti di cui all’art. 3”.

Requisiti per accedervi sono pertanto che il ricorrente:

a) sia un coniuge separato, convivente con i figli minori o maggiorenni portatori di gravi handicap;

b) che risulti beneficiario di un assegno periodico di mantenimento;

c) che il coniuge obbligato non abbia adempiuto al mantenimento, in toto o in parte.

Dove è attivo?

Il Fondo, attualmente in fase di sperimentazione, non è attivo in tutti i tribunali italiani ma solo in quelli, ai sensi dell’art. 2, “…che hanno sede nel capoluogo dei distretti sede delle corti di appello indicati nella tabella A annessa al R.D. del 30 giugno 1941, n°12”.

Dove e come si presenta l’istanza?

Ai sensi dell’art. 3, l’istanza di accesso deve essere depositata presso la cancelleria dei Tribunale utilizzando un modulo che sarà reso disponibile sul sito www.giustizia.it a partire da metà febbraio 2017 (in teoria già dal 16 febbraio 2017, ovvero 30 giorni dopo la pubblicazione del D.M.).

Qual è il contenuto dell’istanza?

Ai sensi del comma 2 dell’art. 3, l’istanza dovrà contenere, a pena d’inammissibilità:

a) le generalità e i dati anagrafici del richiedente;

b) il codice fiscale;

c) l’indicazione degli estremi del proprio conto corrente bancario o postale;

d) l’indicazione della misura dell’inadempimento del coniuge tenuto a versare l’assegno di mantenimento, con la specificazione che lo stesso é maturato in epoca successiva all’entrata in vigore della legge;

e) l’indicazione se il coniuge inadempiente percepisca redditi da lavoro dipendente e, nel caso affermativo, l’indicazione che il datore dei lavoro si é reso inadempiente all’obbligo di versamento diretto a favore del richiedente a norma dell’art. 156, sesto comma, del codice civile;

f) l’indicazione che il valore dell’indicatore ISEE o dell’ISEE corrente in corso di validità é inferiore o uguale a euro 3.000;

g) l’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata a cui l’interessato intende ricevere ogni comunicazione relativa all’istanza;

h) la dichiarazione di versare in una condizione di occupazione, ovvero di disoccupazione ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, senza la necessità della dichiarazione al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all’art. 13 del medesimo decreto; in caso di disoccupazione, la dichiarazione di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni.

All’istanza, inoltre, deve essere allegata, sempre a pena di inammissibilità:

a) copia del documento di identità del richiedente;

b) copia autentica del verbale di pignoramento mobiliare negativo, ovvero copia della dichiarazione negativa del terzo pignorato relativamente alle procedure esecutive promosse nei confronti del coniuge inadempiente;

c) visura rilasciata dalla conservatoria dei registri immobiliari delle province di nascita e residenza del coniuge inadempiente da cui risulti l’impossidenza di beni immobili;

d) l’originale del titolo che fonda il diritto all’assegno di mantenimento, ovvero di copia del titolo munita di formula esecutiva rilasciata a norma dell’art. 476, primo comma, del codice di procedura civile.

Che cosa succede dopo il deposito?

Ai sensi dell’art. 4, una volta depositata l’istanza, il giudice valuterà, nei trenta giorni successivi, la sua ammissibilità.

Qualora il Tribunale giudichi l’istanza ammissibile, provvederà a trasmetterla direttamente al Dipartimento per gli affari di giustizia dell’omonimo Ministero, che provvederà alla corresponsione degli importi dovuti. Se invece il giudice la ritiene inammissibile la trasmette al fondo indicandone le ragioni.

Se l’istanza è accolta avrò diritto a tutto quanto non è stato versato?

Una volta accolta l’istanza e tramessa al Dipartimento presso cui è attivo il Fondo, quest’ultimo provvederà alla loro liquidazione nei limiti non solo della misura massima mensile dell’assegno sociale non versato ma anche delle stesse dotazioni del Fondo, pari ad euro 250.000 per l’anno 2016 ed euro 500.000 per l’anno 2017.

Il provvedimento positivo del Fondo può essere revocato in un secondo momento?

L’art. 6 prevede la revoca del provvedimento positivo del dipartimento in due casi:

a) quando sia accertata l’insussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi;

b) qualora sia accertata l’incompletezza o non veridicità della documentazione allegata all’istanza.

Cosa accade se viene revocato il provvedimento?

Qualora sia revocato il provvedimento, lo Stato provvederà a recuperare le somme indebitamente erogate, salvi eventuali ulteriori conseguenze di legge civile, penale ed amministrativa.

Cosa succede al coniuge inadempiente?

Una volta accettata l’istanza e ricevuta la corresponsione del mantenimento da parte del Fondo, quest’ultimo si sostituirà al genitore beneficiario nelle pretese nei confronti del coniuge inadempiente. In particolare, il Dipartimento intimerà al debitore di provvedere al versamento entro il termine di 10 giorni.Se questo adempie spontaneamente entro detto termine, egli dovrà trasmettere entro 5 giorni la quietanza o attestazione del pagamento.Se invece il coniuge obbligato rimane inadempiente e sono presenti fondati indici della sua solvibilità, il Ministero si surroga nei diritti del coniuge beneficiario, promuovendo un’azione esecutiva per il recupero delle somme erogate. Le somme recuperate saranno poi riassegnate al Fondo di solidarietà.

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