Tag Archivio per: Unioni civili

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La Consulta ha recentemente esaminato le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Venezia riguardanti la legge sulle unioni civili e il decreto sugli atti dello stato civile.

Nel caso concreto, una donna unita civilmente ad un’altra aveva concepito all’estero, mediante tecniche di fecondazione eterologa, un figlio poi nato in Italia. Secondo il Tribunale, la disciplina vigente, nell’escludere la registrazione nell’atto di nascita del bambino come figlio di entrambe le donne, violerebbe i dritti della cosiddetta madre intenzionale e quelli del minore, e determinerebbe una irragionevole discriminazione per motivi di orientamento sessuale.

In attesa del deposito della sentenza, con l’allegato comunicato stampa, la Corte Costituzionale ha reso noto che le questioni sollevate dal Tribunale di Venezia sono state dichiarate inammissibili.

Secondo la Corte, il riconoscimento dello status di genitore alla cosiddetta madre intenzionale – all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente – non risponde a un precetto costituzionale ma comporta una scelta di così alta discrezionalità da essere per ciò stesso riservata al legislatore, quale interprete del sentire della collettività nazionale. Al legislatore spetta – su temi così eticamente sensibili – ponderare gli interessi e i valori in gioco, tenendo conto degli orientamenti maggiormente diffusi nel tessuto sociale in un determinato momento storico.

La Corte ha ritenuto altresì che la protezione del miglior interesse del minore in simili situazioni – oggi affidata dalla giurisprudenza all’attuale disciplina sull’adozione in casi particolari – può essere assicurata attraverso varie soluzioni, tutte compatibili con la Costituzione, che spetta sempre al legislatore individuare.

Avv. Claudia Romano[:]

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downloadAll’indomani della legge n°76/2016, c.d. legge Cirinnà, che per la prima volta ha riconosciuto e disciplinato la tutela nel nostro ordinamento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, ad accendere il dibattito tra sostenitori della famiglia tradizionale e quelli della “gender-equality” è intervenuta una rivoluzionaria pronuncia della Corte d’Appello di Trento che ha accolto la domanda di una coppia sposata all’estero, che aveva avuto un figlio ricorrendo alla pratica del c.d. “utero in affitto”, al fine di veder riconosciuto anche in Italia il rapporto di filiazione con ambedue i padri, a prescindere dalla sussistenza di una relazione genetica con entrambi.

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da due uomini di nazionalità italiana, legalmente sposati negli Stati Uniti, avverso il rifiuto opposto dall’Ufficiale di stato civile di un comune italiano alla trascrizione della sentenza con cui una corte statunitense aveva accertato l’esistenza del loro rapporto genitoriale con un figlio avuto ricorrente alla pratica della procreazione medicalmente assistita, prescindendo dalla mancanza di legami genetici con uno dei due padri.

A sostegno della propria richiesta la coppia affermava:

  • di aver fatto legittimamente ricorso alla procreazione medicalmente assistita in uno Stato che non poneva, diversamente che in Italia, restrizioni sulla base del genere;
  • che, in applicazione della legge del luogo di nascita dei due gemelli, era stato originariamente riconosciuto quale unico genitore il padre che aveva donato il proprio seme (non anche la madre gestante) e, in un secondo momento anche il padre non biologico;
  • che ambedue i genitori avevano assunto sin da subito il ruolo di padre e come tali erano riconosciuti dai bambini e dalla cerchia di amici, familiari e colleghi;
  • che, pertanto, la trascrizione della sentenza straniera, tutelando il diritto dei minori alla bigenitorialità, non poteva essere negata, non sussistendo alcun conflitto con l’ordine pubblico né internazionale né interno;
  • che la presenza di due genitori dello stesso sesso non poteva considerarsi pregiudizievole per il benessere del bambino, stante “…l’irrilevanza dell’orientamento sessuale del genitore per giudicare il benessere del bambino”, accertata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Contrario all’accoglimento del ricorso è invece il Procuratore generale e il Ministero dell’interno, ad avviso dei quali il riconoscimento in Italia di una tale sentenza avrebbe contrastato con l’ordine pubblico interno italiano, costituito da quell’insieme di interessi e principi fondamentali che si rinvengono nella nostra Costituzione. Ad avviso, in particolare, del Ministero dell’interno, il padre non biologico potrebbe ricevere già tutela ricorrendo alla disciplina dell’adozione in casi particolari, adottando pertanto il figlio del padre biologico. Questa soluzione, ad avviso delle istituzioni, “…rappresenta, nel presente momento storico, l’equilibrio più avanzato raggiunto dall’ordinamento tra i vari orientamenti sociali e culturali”.

La Corte è invece di diverso avviso, accogliendo il ricorso dei due papà con la seguente motivazione.

In primis, secondo la Corte non si può impedire il riconoscimento del rapporto di filiazione ricorrendo all’eccezione di ordine pubblico, perché la scelta del legislatore ordinario di non permettere l’adozione a coppie gay non risponde a principi o interessi fondamentali sanciti dalla Costituzione.
Passando poi all’interesse superiore del minore, la Corte rileva che tanto la legge n°218/95 (legge di riforma dell’ordinamento di diritto internazionale privato italiano) quanto l’art. 8, par. 1 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del Fanciullo, riconoscono il “…diritto del minore a conservare lo status di figlio riconosciutogli in un atto validamente formato in altro Stato” con conseguente evidente pregiudizio per i minori in caso di mancato riconoscimento dello status filiationis (lo status di figlio) in quanto:

  • i figli non godrebbero in Italia nei confronti del padre non biologico di “…tutti i diritti che a tale status conseguono;
  • i figli sarebbero altresì “…pregiudicati anche sotto il profilo della perdita dell’identità familiare…” legittimamente acquisita nello Stato estero.

Di contro, il diritto dei due bambini alla bigenitorialità, ancorché non assoluto, non potrebbe legittimamente essere pregiudicato, stante l’assenza nel presente caso di antitetici…altri interessi e valori di rilevanza costituzionale primaria e vincolanti per il legislatore italiano” e ciò in quanto:

  • il mero divieto previsto dalla l. n°40/04 della possibilità per coppie di sesso diverso di ricorrere a procreazione assistita non può essere considerato “…espressione di principi fondamentali costituzionalmente garantiti;
  • le conseguenze previste dalla legge 40/14 in capo agli adulti che ricorrono illegalmente ad una pratica di negoziazione assistita non possono “…determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello status filiationis legittimamente acquisito all’estero…”;
  • l’assenza di legame genetico tra i figli e il ricorrente non può essere di ostacolo al riconoscimento del rapporto di filiazione tra gli stessi già riconosciuto all’estero, “…dovendosi escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra genitore ed il nato”.

La Corte, pertanto, conclude accogliendo il ricorso e dichiarando l’efficacia nell’ordinamento italiano del provvedimento della corte statunitense che aveva dichiarato la paternità anche al padre non biologico.

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imagesAll’indomani della legge n°76/2016, c.d. legge Cirinnà, che per la prima volta ha riconosciuto e disciplinato la tutela nel nostro ordinamento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, ad accendere il dibattito tra sostenitori della famiglia tradizionale e quelli della “gender-equality” è intervenuta una rivoluzionaria pronuncia della Corte d’Appello di Trento che ha accolto la domanda di una coppia sposata all’estero, che aveva avuto un figlio ricorrendo alla pratica del c.d. “utero in affitto”, al fine di veder riconosciuto anche in Italia il rapporto di filiazione con ambedue i padri, a prescindere dalla sussistenza di una relazione genetica con entrambi.

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da due uomini di nazionalità italiana, legalmente sposati negli Stati Uniti, avverso il rifiuto opposto dall’Ufficiale di stato civile di un comune italiano alla trascrizione della sentenza con cui una corte statunitense aveva accertato l’esistenza del loro rapporto genitoriale con un figlio avuto ricorrente alla pratica della procreazione medicalmente assistita, prescindendo dalla mancanza di legami genetici con uno dei due padri.

A sostegno della propria richiesta la coppia affermava:

  • di aver fatto legittimamente ricorso alla procreazione medicalmente assistita in uno Stato che non poneva, diversamente che in Italia, restrizioni sulla base del genere;
  • che, in applicazione della legge del luogo di nascita dei due gemelli, era stato originariamente riconosciuto quale unico genitore il padre che aveva donato il proprio seme (non anche la madre gestante) e, in un secondo momento anche il padre non biologico;
  • che ambedue i genitori avevano assunto sin da subito il ruolo di padre e come tali erano riconosciuti dai bambini e dalla cerchia di amici, familiari e colleghi;
  • che, pertanto, la trascrizione della sentenza straniera, tutelando il diritto dei minori alla bigenitorialità, non poteva essere negata, non sussistendo alcun conflitto con l’ordine pubblico né internazionale né interno;
  • che la presenza di due genitori dello stesso sesso non poteva considerarsi pregiudizievole per il benessere del bambino, stante “…l’irrilevanza dell’orientamento sessuale del genitore per giudicare il benessere del bambino”, accertata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Contrario all’accoglimento del ricorso è invece il Procuratore generale, il quale:

  • eccepiva l’incompetenza della Corte a conoscere dell’opposizione al rifiuto di trascrizione;
  • riteneva la domanda dei ricorrenti contrastante con l’ordine pubblico interno italiano;
  • riteneva non sussistente nel diritto della CEDU “…un diritto incondizionato alla paternità o alla maternità”.

L’importanza della questione spingeva anche il Ministero dell’interno ad intervenire “…a difesa del provvedimento assunto dal Sindaco nella veste di Ufficiale di Governo”:

  • contestando la regolarità formale della notifica al Sindaco presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato;
  • ritenendo contrastante con l’ordine pubblico il riconoscimento del rapporto di filiazione in assenza di alcuna relazione biologica;
  • ritenendo inapplicabile alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, per espressa previsione della legge 76/16, le norme in materia di filiazione;
  • affermando che la possibilità di ricorrere all’adozione in casi particolari del figlio dell’altro partner “…rappresenta, nel presente momento storico, l’equilibrio più avanzato raggiunto dall’ordinamento tra i vari orientamenti sociali e culturali”, in quanto conferisce rilievo giuridico a detta relazione, tutelando adeguatamente gli interessi morali e materiali dei minori.

La Corte, pronunciandosi sulla questione, preliminarmente:

– rigetta l’eccezione d’incompetenza avanzata dal Procuratore generale, ritenendo oggetto del presente giudizio esclusivamente “…il riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento italiano ex art. 67 della legge n°218 del 1995, del provvedimento (…) con il quale si accerta che è stata instaurata una relazione di genitorialità…”;

– nega la posizione di parte del procedimento del Sindaco, con conseguente irrilevanza degli eccepiti vizi di notifica del ricorso allo stesso;

– dichiara inammissibile l’intervento del Ministero degli interni, negando l’esistenza di un attuale interesse dello stesso ad intervenire alla luce del “…l’assenza di domande di risarcimento dei danni nel presente giudizio…”, ritenendo già debitamente tutelato dall’intervento in giudizio del Procuratore generale l’unico interesse pubblico rinvenibile “…e cioè quello di evitare che trovino ingresso nel nostro ordinamento giuridico provvedimenti contrari all’ordine pubblico in materia di stato delle persone…”.

Passando al cuore della questione, ovvero l’esistenza di un possibile contrasto con l’ordine pubblico internazionale e la rispondenza del riconoscimento della sentenza al superiore interesse dei minori, la Corte, in primis ne individua nozione e portata, alla luce della sua recente evoluzione giurisprudenziale e della recente sentenza n°19599/16 della Suprema Corte, chiarendo che:

  • rientrano tra i principi di ordine pubblico esclusivamente quei “…principi supremi e/o fondamentali della nostra carta costituzionale, vale a dire in quelli che non potrebbero essere sovvertiti dal legislatore ordinario”;
  • si deve, invece, escludere un contrasto con l’ordine pubblico “…per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente da una o più disposizioni del diritto nazionale…”;
  • conseguentemente il giudice a quo, dopo aver verificato la compatibilità tra norme straniere e principi costituzionali, “…dovrà sempre negare il contrasto con l’ordine pubblico in presenza di una mera incompatibilità (temporanea) della norma straniera con la legislazione nazionale vigente, quando questa rappresenti una delle possibili modalità di espressione della discrezionalità del legislatore ordinario in un dato momento storico…”.

Passando poi alla rispondenza del riconoscimento al superiore interesse del minore, la Corte rileva che, tanto la legge n°218/95 quanto l’art. 8, par. 1 della Convenzione di NewYork del 1989 sui diritti del Fanciullo, riconoscono il “…diritto del minore a conservare lo status di figlio riconosciutogli in un atto validamente formato in altro Stato” con conseguente evidente pregiudizio per i minori in caso di mancato riconoscimento dello status filiationis in quanto:

  • i figli non godrebbero in Italia nei confronti del padre non biologico di “…tutti i diritti che a tale status conseguono;
  • i figli sarebbero altresì “…pregiudicati anche sotto il profilo della perdita dell’identità familiare…” legittimamente acquisita nello Stato estero.

Ad avviso della Corte, il diritto dei due bambini alla bigenitorialità, ancorché non assoluto, non potrebbe legittimamente essere pregiudicato, stante l’assenza nel presente caso di antitetici…altri interessi e valori di rilevanza costituzionale primaria e vincolanti per il legislatore italiano” e ciò in quanto:

  • il mero divieto previsto dalla legge n°40 del 19 febbraio 2004 della possibilità per coppie di sesso diverso di ricorrere a procreazione assistita non può essere considerato “…espressione di principi fondamentali costituzionalmente garantiti;
  • le conseguenze previste dalla legge 40/14 in capo agli adulti che ricorrono illegalmente ad una pratica di negoziazione assistita non possono “…determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello status filiationis legittimamente acquisito all’estero…”;
  • l’assenza di legame genetico tra i figli e il ricorrente non può essere di ostacolo al riconoscimento del rapporto di filiazione tra gli stessi già riconosciuto all’estero, “…dovendosi escludere che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra genitore ed il nato”.

La Corte, pertanto, conclude accogliendo il ricorso e dichiarando l’efficacia nell’ordinamento italiano del provvedimento della corte statunitense che aveva dichiarato la paternità anche al padre non biologico.

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downloadIl prossimo 11 febbraio 2017 entrerà in vigore il neo-approvato D. lgs. n°7 del 19 gennaio 2017, pubblicato in G.U. n°22 del 27 gennaio 2017, rubricato “Modifiche e riordino delle norme di diritto internazionale privato per la regolamentazione delle unioni civili, ai sensi dell’articolo 1, comma 28, lettera b) della legge 20 maggio 2016, n.76″.

Attraverso detto provvedimento il Legislatore intende adattare il sistema internazional-privatistico italiano, di cui alla l. 218/95, alla recente disciplina oggetto del regolamento UE 2016/1104 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate, nonché agli altri regolamenti internazional-privatistici di famiglia adottati nell’ultimo decennio in seno all’Unione europea.

In particolare, ai sensi rispettivamente degli articoli 32 bis e quinquies, vengono estesi, rispettivamente alle coppie italiane coniugate all’estero nonchè alle unioni civili (o analoghi istituti) costituiti all’estero da cittadini italiani dello stesso sesso abitualmente residenti in Italia, gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana.

Viene altresì introdotto l’art. 32 ter, relativo alla legge applicabile alla capacità e alle condizioni per costituire un’unione civile (co. 1), alla forma dell’unione civile (co. 3), ai rapporti personale e patrimoniali tra le parti (co. 4), a, nonché alla disciplina del nulla osta di cui all’art. 116, co. 1, c.c. (co. 2), nonchè alle obbligazioni alimentari (con rinvio espresso del co. 5 alla disciplina dettata dall’art. 45 l. 218/959.

L’art. 32 quater, disciplina poi lo scioglimento dell’unione civile:

  • riconoscendo la giurisdizione italiana non solo nei casi previsti dagli articoli 3 e 9, ma anche”…quando una delle parti è cittadina italiana o l’unione è costituita in Italia“, ed estendendo detta competenza anche ai casi di nullità e annullamento dell’unione civile;
  • estendendo la disciplina dettata dal regolamento n°1259/2010 in punto di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale anche allo scioglimento dell’unione civile.

Da ultimo, il decreto in oggetto sostituisce integralmente l’art. 45, relativo alle obbligazioni alimentari della famiglia, individuando quale legge applicabile alle obbligazioni alimentari nella famiglia quella designata dal regolamento 2009/4/CE.

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Unioni civili e convivenze di fatto – legge 20 maggio 2016 n. 76

In data 5 giugno 2016 entrerà in vigore la Legge 20 maggio 2016 n. 76 ( G.U . 21.5.2016 S.G.. n. 118)  riguardante la: “ Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.

Nei successivi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge  saranno stabilite, con Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’Interno, le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi  che, nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge, dovranno essere adottati dal Governo al fine di adeguare i testi di legge vigenti al nuovo istituto.

La legge è formata da un unico articolo, composto a sua volta da 69 commi così suddivisi:

  • dal comma 1° al comma 35° sono regolamentate le unioni civili tra persone dello stesso sesso:
  • dal comma 36° al comma 65° sono regolamentate le convivenze di fatto, riguardanti indistintamente coppie omosessuali che eterosessuali .

LE UNIONI CIVILI

Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, resa alla presenza di due testimoni.

L’ufficiale di stato civile provvede successivamente alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile.

Altra modalità di costituzione dell’unione civile riguarda quei casi in cui, a seguito a una rettificazione di sesso, i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili.

  • Cause impeditive:

Non è possibile costituire unioni civile nel caso in cui sussista:

  1. per una delle parti, un vincolo matrimoniale o di un’unione civile tra persone dello stesso sesso;
  2. l’interdizione di una delle parti per infermità di mente; se l’istanza d’interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può chiedere che si sospenda il procedimento di costituzione dell’unione civile; in tal caso il procedimento non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull’istanza non sia passata in giudicato;
  3. tra le parti legate dai rapporti di cui all’articolo 87, primo comma, del codice civile; non possono altresì contrarre unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e la nipote; si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 87;
  4. la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo grado ovvero una misura cautelare, la procedura per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento
  • Il regime patrimoniale:

Al momento della costituzione dell’unione civile le parti avranno la possibilità di scegliere il regime della separazione dei beni; in mancanza di diversa convenzione patrimoniale , il regime patrimoniale sarà costituito dalla comunione dei beni.

Successivamente alla costituzione dell’unione, le parti potranno pervenire alla modifica delle convenzioni e saranno a loro applicate le norme in materia di forma, modifica, simulazione e capacità per la stipula delle convenzioni patrimoniali

  • Il cognome

Alle parti costituenti l’unione civile viene data la possibilità di stabilire di assumere per la durata dell’unione civile un cognome comune, scegliendolo tra i loro cognomi, mediante dichiarazione all’ufficiale dello stato civile.

La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all’ufficiale dello stato civile

  • Diritti e doveri

Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.

  • Residenza e indirizzo della vita familiare

Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.

  • Diritto agli alimenti

All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni di cui al titolo XIII del libro primo del codice civile relative agli obblighi alimentari.

  • Diritti successori

Il comma 21 estende parzialmente la disciplina sulle successioni riguardante la famiglia contenuta nel libro secondo del codice civile.

  • In caso di decesso

In caso di decesso di una delle parti dell’unione civile che sia prestatore di lavoro andranno corrisposte al partner sia l’indennità dovuta dal datore di lavoro (ex art. 2118 c.c.) che quella relativa al trattamento di fine rapporto (ex art. 2120 c.c.).

  • Scioglimento dell’unione civile

L’unione civile  si scioglie per morte di una delle parti. All’unione civile si applica gran parte della normativa relativa alle cause di divorzio, sia in relazione alle cause di scioglimento che per quel che riguarda le conseguenze patrimoniali. Sarà applicabile alle stesse unioni civili la disciplina semplificata dello scioglimento del matrimonio mediante negoziazione assistita o per accordo innanzi al sindaco quale ufficiale di stato civile.

  • Chi ha contratto matrimonio all’estero

Per coloro che hanno contratto matrimonio o unione civile o istituto analogo all’estero è prevista l’applicazione della disciplina dell’unione civile previa modifica delle norme in materia di diritto internazionale privato . Occorrerà a riguardo attendere l’emanazione dei decreti legislativi emessi dal Governo.

LE CONVIVENZE DI FATTO

La convivenza di fatto è un istituto che riguarda sia coppie omosessuali che eterosessuali composte da persone maggiorenni: – unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile; – coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

Le istruzioni ministeriali chiariranno con quale modalità i soggetti interessati dovranno formalizzare presso l’ufficio anagrafe l’intenzione di costituire una convivenza di fatto

  • Diritti

I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.

  • Potere di rappresentanza

Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati:

  1. in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute;
  2. in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

La designazione di cui sopra è effettuata in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone.

  • Diritti inerenti la casa

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, in ogni caso per un periodo non superiore ai cinque anni.

Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

Il diritto di abitazione viene meno se il convivente superstite cessa di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Nel caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

  • Diritti all’assegnazione della casa popolare

Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto.

  • Impresa familiare

Si prevede che al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare e ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

  • Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno

E’ esteso al convivente di fatto la possibilità di essere nominato tutore o curatore o amministratore di sostegno del convivente.

  • Risarcimento del danno

In caso di decesso del convivente di fatto derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile al convivente superstite si applicheranno gli stessi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

  • Il contratto di convivenza

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.

Il contratto, le sue modifiche e la sua risoluzione sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Copia dell’accordo sarà trasmesso all’ufficio anagrafe ai fini dell’opponibilità ai terzi con modalità che saranno indicate nelle istruzioni ministeriali successive.

  • Contenuto del contratto

Il contratto può contenere:

  1. l’indicazione della residenza;
  2. le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
  3. il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile, modificabile in qualunque momento in corso della convivenza.
  • Nullità del contratto di convivenza

Il contratto di convivenza è affetto da nullità insanabile che può esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse:

  1. in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di altro contratto di convivenza;
  2. in mancanza di uno dei requisiti di cui al comma 36 (esempio: presenza di rapporti di parentela, affinità, adozione o assenza di un legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale o materiale);
  3. minore età di uno dei conviventi;
  4. interdizione di una delle parti;
  5. condanna di una delle parti per omicidio consumato o tentato del coniuge dell’altra parte;
  • Risoluzione del contratto di convivenza

Il contratto di convivenza si risolve per:

  1. accordo delle parti;
  2. recesso unilaterale;
  3. matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
  4. morte di uno dei contraenti.

La risoluzione per accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta nelle forme dell’ atto pubblico o con firma autenticata da notaio o avvocato

  • Il diritto agli alimenti

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti qualora esso versi in stato di bisogno o non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’art. 438 secondo comma del c.c. (in proporzione ai bisogni di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Gli stessi non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale).

Il giudice può obbligare l’ex convivente a corrispondere gli alimenti solo nel caso in cui tutte le altre categorie previste dall’art. 433 cc. non siano in grado di farlo.

In base all’articolo citato i conviventi si situano al penultimo posto, prima dei fratelli.[:]

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