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scuola materna: Illustrazione del ragazzo e ragazza Bambini in possesso di un grande sacchetto cattura ABC e 123 delÈ sempre causa di scontro tra i genitori l’annosa questione del rimborso delle spese straordinarie sostenute dal genitore, affidatario o collocatario che sia, per i bisogni e le necessità dei figli.

La Suprema Corte è ripetutamente intervenuta sulla questione, da ultimo con l’ordinanza 3 febbraio 2016 n°2127, dando ragione alla madre e, quindi, condannando il padre al rimborso delle spese straordinarie sostenute per i figli sulla base del seguente condivisibile indirizzo giurisprudenziale: “… non esiste a carico del coniuge affidatario dei figli un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro coniuge in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie, nei limiti in cui esse non implichino decisioni di maggior interesse per i figli.

Nell’ipotesi di rifiuto il giudice dovrà soltanto “… verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità derivante ai figli e della sostenibilità della spesa stessa, rapportata alle condizioni economiche dei genitori”.

Nel caso in esame la Corte ha statuito che il padre dovesse rimborsare il 50% delle spese sostenute dalla madre per la retta dell’asilo privato delle figlie, essendo stata la decisione assunta concordemente da entrambi quando erano ancora conviventi, senza che fosse necessario un nuovo accordo dopo l’autorizzazione a vivere separati.

In senso analogo si era già espressa la Cassazione, con la sentenza n°16175/2015, rigettando il ricorso di un padre che si era rifiutato di pagare il 50% delle spese straordinarie per la cameretta nuova della figlia e per lo stage all’estero della stessa per imparare l’inglese. Inutilmente l’uomo aveva lamentato che gli esborsi non erano né urgenti né indifferibili e comunque non erano stati concordati preventivamente tra i due ex coniugi.

La Suprema Corte, con sentenza n°19607/2011 ha poi precisato che per la partecipazione alle spese straordinarie per l’educazione e l’istruzione dei figli “… non esiste a carico del coniuge affidatario dei figli un obbligo di concertazione preventiva con l’altro coniuge in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, nei limiti in cui esse non implichino decisioni di maggior interesse per i figli”.

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Il regime di affidamento alternato è stato scarsamente applicato dalla giurisprudenza proprio per gli inconvenienti legati alla mancanza di un habitat che possa fungere da punto di riferimento privilegiato nella quotidianità della prole, ancor più se in tenera età. E questo perché, ad avviso dei giudici «il cambiamento periodico della collocazione dei minori e della gestione del quotidiano provoca nei minori la perdita di punti di riferimento stabili e uno sdoppiamento che li obbliga, ogni volta, a adattarsi a situazioni molto diverse, perchè molto diverso, per sensibilità, cultura, carattere, può essere, assai spesso, il modo di rapportarsi di ciascun genitore nei confronti dei figli» (Cass. 9 ottobre 2007, n. 21099)

Nel caso in esame, afferma la sesta sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza 17 dicembre 2015 n. 25418, che per la tutela dell’interesse esclusivo del minore alla stabilità dell’habitat domestico nonchè il diritto di avere una relazione significativa e costante con il genitore collocatario, deve essere escluso l’affidamento alternato del minore, richiesto dal padre. E a nulla vale il richiamo fatto da quest’ultimo alla giurisprudenza europea che con diverse pronunce ha messo in evidenza il principio di effettività e massima assiduità della frequentazione tra il minore e il genitore non affidatario e non collocatario.

Si noti bene: nella motivazione della decisione impugnata non c’è traccia nè del diritto del bambino a continuare ad avere un rapporto equilibrato e paritario sia con il padre che con la madre anche dopo la separazione (c.d. bigenitorialità), nè del diritto del genitore non collocatario a mantenere costante e solida la relazione con la prole.

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[:it]Perchè ??????Il caso.

L’autorità giudiziaria italiana ordina la separazione di una madre dai suoi tre figli a causa di asserite difficoltà familiari ed un suo momento di depressione personale. I bambini vengono portati prima in Comunità e poi separatamente adottati, non ostante la grossa tristezza e sofferenza patita per l’allontanamento sia dalla madre che dagli altri fratelli, accertato anche tramite c.t.u.

La madre decide di ricorrere ai giudici di Strasburgo chiedendo che venga accertata la violazione del diritto al rispetto della vita familiare propria e dei suoi figli. In particolare, ad avviso della ricorrente, i giudici italiani avrebbero sbagliato ignorando il parere reso sia dai servizi sociali che dal consulente tecnico, non accorgendosi che i bambini non erano in uno stato di abbandono ma che, anzi, quella che si trovava a vivere la famiglia era una situazione contingente, che i piccoli erano stati non solo tolti alla mamma, ma anche separati tra loro, affidati e poi dati in adozione a famiglie diverse.

La Corte accoglie il ricorso e condanna l’Italia, anche in via pecuniaria, evidenziando: – che l’ingiustizia della decisione ha inciso profondamente nella vita di queste persone: ha spezzato i legami familiari, non solo con i genitori ma anche tra fratelli; – che prima dell’adottabilità avrebbero dovuto essere fatti tutti i tentativi necessari per evitarla; prima di allontanare i bambini dai propri genitori devono essere prestate – ai bambini e ai genitori – tutte le forme possibili di aiuto; – che, conseguentemente, nel caso in esame, sussiste la violazione dell’art. 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, in materia di Tutela della Vita Privata e Familiare.

Alla luce di questa sentenza sarà possibile cercare di mettere in discussione le decisioni del Giudice Italiano, passate in giudicato, anche nell’ambito del processo civile, trasponendo il medesimo principio e  chiedendo che i figli vengano restituiti ai loro genitori.

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[:it]Una volta presa la decisione di separarsi, bisogna comunicarlo al bambino. Si tratta di un momento delicato, da gestire bene per renderlo una circostanza accettabile e non un evento troppo doloroso.

Quando mamma e papà decidono di separarsi, non devono mai perdere di vista l’irrinunciabile necessità di proteggere la serenità del figlio. Con questa premessa , psichiatra e psicoterapeuta a Roma, volto noto per diverse partecipazioni tv, offre una bussola ai genitori in un momento così delicato e doloroso della loro vita.

Fino a che età è meglio che la separazione avvenga e basta, senza alcuna spiegazione ai figli?

In modo indicativo, fino ai tre-quattro anni di età non occorre formalizzare la separazione con le parole. Nei primi anni di vita i bambini non hanno gli strumenti per comprendere pienamente il significato di “separazione dei genitori”. Di conseguenza, anche selezionando con la massima cura ogni singola affermazione, la comunicazione potrebbe creare solo disorientamento, senza peraltro raggiungere l’obiettivo di “far capire”.

Se il bambino è molto piccolo, come ci si deve comportare allora?

Bisogna continuare a garantirgli la possibilità di stare spesso anche con il genitore non affidatario, che di solito è il papà. Con il passare del tempo il bambino apprenderà che il papà non dorme più con la mamma, non mangia, non fa la doccia, non guarda più la televisione in casa, però c’è ancora, c’è sempre. Il papà arriva ed è affettuoso. Gioca, ascolta, scherza, solo che per stare insieme a lui bisogna andare in un’altra casa. La “casa del papà”, appunto. Di solito, i bambini piccoli si adattano ben presto alle nuove consuetudini senza risentirne. A patto, però, di non esporli a scenate, urla, giochi al massacro, guerriglie.

E’ vero che una volta separati i genitori non dovrebbero ricreare occasioni per stare tutti e tre insieme, in quanto potrebbero generare false illusioni nel bambino?

Non c’è una risposta che vale in assoluto. Tutto dipende dal rapporto che c’è tra i genitori. Se i genitori hanno mantenuto un legame amichevole va benissimo che almeno qualche volta stiano entrambi insieme al bambino, per dargli un’ulteriore prova di amarlo in modo equivalente. Se, invece, tra i genitori ci sono ancora conflitti e rancori è meglio evitare incontri a tre in quanto il bambino quasi certamente avvertirebbe una negatività che potrebbe turbarlo.

Quando il bambino è già in grado di comprendere, come gli si deve spiegare che ci si separa?

Con semplicità gli va detto che i genitori, pur volendosi bene, non desiderano più abitare nella stessa casa. Immediatamente dopo si deve sottolineare che l’affetto che entrambi provano per lui rimarrà invariato, che entrambi per lui ci saranno sempre e sempre potrà contare su entrambi. Questa “dichiarazione di intenti” dovrà in seguito essere confermata dai fatti.

I genitori devono parlare al bambino insieme e nello stesso momento oppure separatamente?

E’ diffusa la convinzione che sia meglio che i genitori comunichino insieme l’intenzione di separarsi. Invece può essere più opportuno che ciascun genitori parli a tu per tu con il bambino. In questo modo si elimina il cosiddetto “effetto triangolo” che trova la sua più deleteria espressione nell’impulso del bambino di allearsi con uno dei genitori a discapito dell’altro.

Basta un nulla: uno sguardo più triste, un’inflessione di voce più accorata e il bambino può schierarsi con il genitore che si dimostra più debole.

Quando questo succede il genitore messo da parte può sviluppare sentimenti di autocommiserazione (o di estrema ostilità nei confronti dell’ex coniuge) che possono suggerirgli atteggiamenti sbagliati e controproducenti. E’ ovvio però che il contenuto della conversazione deve essere prima concordato: i due genitori dovranno cioè dire più o meno la stessa cosa, sia pure in momenti diversi.

Qual è l’errore più grave che si può commettere quando si comunica al bambino la decisione di separarsi?

Gli errore gravissimi, che possono gettare il bambino in uno stato di vero sconforto sono due: – mettere in cattiva luce l’altro genitore; – cercare di tirare il bambino dalla propria parte, incoraggiandolo a prendere le distanze dall’altro genitore. Non bisogna mai dimenticare che il bambino ama entrambi i genitori allo stesso modo e che esercitare su di lui una pressione psicologica affinché in qualche modo parteggi per l’uno o per l’altro, all’interno di una sfida che non può comprendere, è una violenza.

Bisogna dire subito che il papà abiterà in un’altra casa?

Sì, con i bambini è giusto sottolineare l’ovvio. Va quindi detto che siccome la mamma e il papà non staranno più insieme il papà andrà a stare in un’altra casa (oppure lui e la mamma o lui e il papà cambieranno casa).

E’ opportuno che dopo la separazione dei genitori il bambino rimanga nella stessa casa di prima?

Sì, se è possibile sarebbe meglio non far trasferire il bambino in un’altra casa perché un simile cambiamento può comportare un forte stress. Nel momento della separazione è bene eliminare qualsiasi ulteriore fonte di tensione emotiva.

Nella “casa del papà” il bambino dovrebbe avere una stanza tutta per sé?

Sarebbe bene che il bambino anche nella casa del papà avesse una stanzetta tutta per sé. In questo modo è meno probabile che nella casa del padre si senta un ospite. Se non è possibile mettergli a disposizione una camera, bisogna almeno offrirgli qualche spazio che gli consenta di sentirsi comunque non solo ben accolto, ma anche atteso.

Dovrebbe quindi avere un cassetto tutto suo con dentro qualche capo di abbigliamento e di biancheria, un cesto dove tenere i giocattoli da lasciare nella casa del papà, una piccola scrivania con album, pastelli, librettini.

Nel momento in cui subentra un’altra persona nella vita di uno o di entrambi i genitori si deve dire fin da subito al bambino?

La conoscenza di un nuovo compagno o una nuova compagna dei genitori deve avvenire in modo il più possibile graduale. Si può cominciare vedendosi fuori casa, per esempio ai giardini pubblici. Poi si può organizzare un cinema o una pizza. Non bisogna in nessun caso forzare la mano, ma attendere con pazienza che i tempi siano maturi.

Come si deve comportare il nuovo compagno?

Il nuovo compagno o la nuova compagna dovrebbero essere spontanei e poco invadenti. Esagerare in attenzioni sarebbe sbagliato: il bambino, con le sue specialissime antenne, coglierebbe l’artificiosità di un atteggiamento troppo compiacente, troppo teso ad accaparrarsi consensi e simpatia e potrebbe mettersi sulle difensive. Apertura e disponibilità sono d’obbligo, ma ogni eccesso è da bandire.

Come va spiegata la presenza di un’altra persona a fianco di uno o di entrambi i genitori?

Bisogna dire che ci si sentiva molto soli e che questo nuovo amico (o amica) è la soluzione a questa solitudine. Va fatto presente che si tratta di una persona di cui fidarsi e su cui anche lui, il bambino, può contare. Il legame affettivo verrà poi: anche su questo fronte è meglio non fare pressioni. Si deve comunque precisare che quel signore o quella signora non prendono il posto di nessuno: diversamente il bambino potrebbe percepirli come usurpatori, a svantaggio del futuro rapporto.[:]

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