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A seguito della novella apportata dal D.lgs. n°154 del 28 dicembre 2013 e all’introduzione nel Titolo IX (“Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio”) del Libro Primo, del capo II – rubricato “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimento relativi ai figli nati fuori del matrimonio” – è stato attribuito al giudice il potere di adottare, ai sensi dell’art. 337 ter c.c. “…ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di  temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare”.

In particolare, nei casi caratterizzati da una elevata conflittualità tra i coniugi e da un serio rischio di compromissione del rapporto tra il minore e il genitore con esso non convivente, sempre più frequentemente alcuni Tribunali stanno ricorrendo all’affido del minore presso i servizi sociali, riconoscendo a questi ultimi, come sottolineato dalla Suprema Corte, “…un ruolo di supplenza e di garanzia e intese a far iniziare ai genitori un percorso terapeutico finalizzato al superamento del conflitto e alla corretta instaurazione di una relazione basata sul rispetto reciproco nella relazione con il figlio”.

Di recente, La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n°28998/18 del 12 novembre 2018, si è trovata a pronunciarsi sulla legittimità di un decreto con cui la Corte d’Appello di Venezia, in sede di reclamo, aveva disposto, al fine di precostituire “…le condizioni per il ripristino di una condivisa bigenitorialità tutelando da subito nel modo più penetrante il minore…”, l’affidamento dei minori ai servizi sociali, con collocamento presso la madre, nonché “…un progressivo incremento del diritto di visita del padre, secondo un calendario da predisporsi dai Servizi Sociali, con pernottamento del minore presso il padre ed introduzione di periodi alternati tra i genitori di permanenza del minore in occasione delle festività”, senza tuttavia determinarne modalità e durata.

La Corte, investita della questione, preliminarmente conferma l’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di Corte di Appello in quanto, citando alcuni precedenti “Il decreto della corte di appello, contenente provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., poiché già nel vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54 – che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio – ed a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 – che ha abolito ogni distinzione – al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perché ha un’efficacia assimilabile ‘rebus sic stantibus’ a quella del giudicato” (Cass. 6132 del 2015 cui è seguita 18194 del 2015; Cass. n. 3192/2017).

La Corte invece reputa infondata la censura operata dalla ricorrente relativa alla “…violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, art. 4 commi 3 e 4, avendo la Corte confermato l’affidamento del minore ai Servizi Sociali senza determinare le modalità e la durata dell’incarico”. Ad avviso degli Ermellini, infatti, il provvedimento adottato dalla Corte veneziana risultava “…sufficientemente dettagliato e corretto” in quanto la necessaria indicazione della presumibile durata dell’affidamento e delle modalità di esercizio dei poteri degli affidatari, sono condizioni richieste solo per l’affidamento familiare previsto dall’art. 4, commi 3 e 4 della legge n°184/83, non già per il provvedimento di affidamento familiare di cui all’art. 337 ter c.c. bensì dell’affidamento.

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[:it]downloadCon una recente pronuncia, datata 28 settembre 2018, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, hanno ritenuto valida la notificazione eseguita all’indirizzo pec di un collega, risultante dall’Albo professionale di iscrizione, ancorché priva dell’inciso “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994” nonché dell’indicazione del codice fiscale della parte nel cui interesse era stato notificato il provvedimento giudiziario.

La vicenda in esame

Un’Azienda Sanitaria Provinciale proponeva vittoriosamente opposizione avverso un decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Messina l’aveva condannata al pagamento di una cospicua somma di denaro per delle prestazioni di natura riabilitativa eseguite dalla creditrice, sulla scorta della dedotta operatività per tali prestazioni del sistema della c.d. regressione tariffaria. Detta decisione veniva tuttavia ribaltata in sede di Appello dal giudice di seconde cure, che riconoscendo l’esistenza del credito, confermava l’opposto decreto ingiuntivo. La sentenza della Corte d’Appello veniva notificata all’indirizzo pec del difensore in data 26 giugno 2015.

Il ricorso per Cassazione e l’eccezione di inammissibilità

Avverso detta pronuncia ricorreva per Cassazione l’Azienda Sanitaria Provinciale, “…con procedimento di notificazione del ricorso avviato il 14 marzo 2016”.

La controricorrente costituendosi, eccepiva l’inammissibilità del predetto ricorso, in quanto depositato – in palese violazione del termine di 60 giorni indicato nell’art. 352, co. 2, c.p.c. – a distanza di diversi mesi dalla notificazione della sentenza al procuratore costituito.

I difensori del ricorrente, al fine di impedire la decorrenza del termine “breve” di cui all’art. 352. co. II^ c.p.c., deducevano a loro volta la nullità della predetta notificazione in quanto:

  • l’indicazione dell’elenco da cui era stato tratto l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore della parte, vale a dire l’Albo degli Avvocati del Foro di Messina, non corrisponderebbe ai “pubblici elenchi” previsti dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 4 e art. 16, comma 12, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179”;
  • la notifica sarebbe viziata dall’omessa indicazione del codice fiscale della parte nonché dall’omessa indicazione della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994“.

La validità della notificazione eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicata dall’avvocato al proprio albo di appartenenza.

Di diverso avviso, tuttavia, sono le Sezioni Unite, ritenendo pienamente valida ed efficace la notificazione eseguita all’indirizzo pec risultante dall’albo professionale, sulla stregua della seguente condivisibile motivazione:

  • il D.L. n. 179 del 2012, all’art. 16 sexies, introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e rubricato “Domicilio digitale“, espressamente prevede che: “Salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”.
  • da un’interpretazione letterale della sopracitata norma, emerge con chiarezza che la stessa “…imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo p.e.c. risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all’indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo all’ordine di appartenenza e a quest’ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE”;
  • detta interpretazione risulta corroborata da quanto espressamente previsto dall’art. 5 della L. n°53/1994: “… l’atto deve essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica certificata che il destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”.

L’irrilevanza dei vizi di natura procedimentale qualora non comportino un pregiudizio per la decisione

 

Ad avviso della Suprema Corte non meritano parimenti apprezzamento le ulteriori censure operate dalla ricorrente, relative all’omessa indicazione del codice fiscale e della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”.

Richiamando un proprio recente orientamento (Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665) gli Ermellini hanno chiarito, infatti, come in tema di notificazione in via telematica, vada privilegiato il raggiungimento dello “scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata”, con conseguente l’irrilevanza dei vizi di mera natura procedimentale che non comportino “…una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione”.

E tali debbono considerarsi:

  • sia “la mancata indicazione nell’oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” costituente una “mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto” (sul punto vedasi anche Cass., 4 ottobre 2016, n. 19814);

sia “…l’omessa indicazione del codice fiscale (…) dovendosi per altro osservare che il principio desumibile dall’art. 156 c.p.c., comma 3, risulta recepito nella stessa L. n. 53 del 1994, che all’art. 11 prevede che la nullità delle notificazioni telematiche incorre qualora siano violate le relative norme (contenute negli articoli precedenti) “e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della n[:]

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