Obbligo vaccinale con il divieto di ingerenza nella vita privata degli individui

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La Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo pronunciandosi su un caso relativo alla legittimità della decisione delle autorità della Repubblica Ceca che avevano, in un caso sanzionato con una multa il genitore di un minore e, negli altri, vietato alle famiglie l’accesso alla scuola d’infanzia (prescolare) per non aver sottoposto i figli minori alla vaccinazione obbligatoria, ha escluso che la previsione della vaccinazione infantile obbligatoria, imposta dalle autorità ceche, fosse contraria all’art. 8 della CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare) nonché all’art. 9 Cedu (diritto alla libertà di pensiero di coscienza e di religione).

 

Il caso

La vicenda trae origine da un ricorso promosso da diversi cittadini di nazionalità ceca dinanzi alla Corte di Strasburgo, i quali denunciavano la violazione del rispetto alla vita privata e familiare (di cui all’art. 8 CEDU) e della loro libertà di opinione (art. 9 CEDU) conseguente all’obbligo imposto dalle autorità statali di vaccinare i propri figli minori contro nove malattie ben note alla scienza medica, tra le quali: difterite, il tetano, la pertosse, le infezioni da Haemophilus influenzae di tipo b, poliomielite, epatite B, morbillo, parotite, rosolia e – per i bambini con particolari indicazioni di salute – le infezioni da pneumococco.

Nel caso in esame, l’obbligo era previsto dalle disposizioni nazionali che non autorizzavano alcuna forma di coercizione fisica per l’adempimento vaccinale, ma l’inosservanza era sanzionata con una modesta sanzione economica, o con il divieto di accedere alla scuola dell’infanzia del minore per il quale non fosse stato adempiuto l’obbligo vaccinale senza valida ragione (ad esempio, il rischio clinico individuale al vaccino).

In particolare, i ricorrenti sostenevano che le predette conseguenze per loro del mancato rispetto dell’obbligo di vaccinazione erano incompatibili con il diritto al rispetto della loro vita privata ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione EDU[1] nonché con il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione di cui all’art. 9 della Convenzione EDU[2]. Con particolare riferimento alla richiesta da parte dei ricorrenti che venisse loro riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza secolare ai sensi dell’art. 9 CEDU, dai motivi addotti dagli stessi a supporto della loro richiesta, emergeva in maniera chiara che la loro contrarietà ai vaccini non era stata determinata dall’adesione a un particolare credo religioso, quanto piuttosto fosse il frutto di una convinzione personale interpretata come un imperativo della coscienza.

Nel decidere in merito a questa richiesta, la Corte Costituzionale ceca aveva affermato che in uno Stato laico la richiesta di un’obiezione di coscienza per motivi secolari deve essere valutata alla luce dei medesimi principi che regolano l’obiezione di coscienza per motivi religiosi. Trasferendo questo ragionamento alla materia delle vaccinazioni, la stessa giurisprudenza ha ammesso la possibilità che, in casi del tutto eccezionali, si prevedano eccezioni all’obbligo vaccinale a favore di persone che per motivi religiosi manifestino una contrarietà ad esso, e quindi pure a favore di coloro che, per convinzioni proprie, non intendano sottoporre se stessi o i propri figli alle vaccinazioni. Si tratterebbe, però, di casi assolutamente eccezionali, poiché non sarebbe possibile applicare l’esenzione a interi gruppi religiosi o a un numero indeterminato di persone che condividano tali convinzioni.

 

La decisione della CEDU

Con la decisione in commento, la Corte di Strasburgo richiamando la propria giurisprudenza in materia, che configura l’obbligo di subire un trattamento sanitario (quale è indubbiamente anche l’inoculazione di un vaccino) come una violazione dell’art. 8 Cedu, nonché con riguardo all’art. 9 Cedu come violazione della libera manifestazione del pensiero, coscienza e religione, ha tuttavia ritenuto che nel caso deciso non vi fossero la predette violazioni, sulla base del seguente argomentato e condivisibile ragionamento:

  • in primo luogo, lo Stato convenuto intendeva legittimamente garantire al contempo sia la salute dei vaccinati che dei non vaccinati attraverso il raggiungimento della c.d. “immunità di gregge” per contrastare le nove gravi malattie in questione. Nel caso in esame, inoltre, vi era la pressante esigenza sociale di rispondere alle preoccupazioni delle più alte autorità sanitarie per la diffusione delle suddette malattie, che con la vaccinazione si intendeva contrastare, così rispondendo alla diminuzione del tasso vaccinale tra i bambini;
  • in secondo luogo, la sanzione pecuniaria, prevista per la mancata vaccinazione senza valido motivo, fosse di modesta entità, e che lo sbarramento all’accesso della scuola dell’infanzia, seppur oggettivamente costituente un pregiudizio per il minore, era comunque di carattere transitorio tale da poter essere recuperato nei cicli successivi scolastici, risultando anch’esso quindi proporzionato all’esito del bilanciamento dei diritti coinvolti;
  • l’art. 9 Cedu non può essere interpretato come una garanzia assoluta del diritto di comportarsi nella sfera pubblica secondo le proprie convinzioni personali. In particolar modo, le leggi che prevedono l’obbligo vaccinale rispettano il criterio della neutralità, poiché le vaccinazioni obbligatorie sono tali per tutti, indipendentemente dalla fede religiosa professata o dalle convinzioni personali;

 

In conclusione

La Grande Camera, con la decisione in commento nel caso Vavricka ed altri c. Repubblica Ceca, ha quindi ritenuto:

  • che le misure contestate potevano essere considerate “necessarie in una società democratica”, riconoscendo, così, un ampio margine di apprezzamento agli Stati parte della Convezione, non sussistendo conseguentemente una violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  • che“le opinioni personali contrarie alle vaccinazioni non sono tali da costituire una convinzione o una credenza che abbia sufficiente forza, serietà, coesione e importanza tale da attrarre le garanzie previste dall’articolo 9”, confermando, dunque la legittimità delle legislazioni nazionali che impongano l’obbligo vaccinale come misura necessaria per la tutela della salute pubblica.

 

[1] Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare: 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

[2] Art. 9 Libertà di pensiero di coscienza e di religione: 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo e la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

 Articolo a cura della dott.ssa Michela Terella

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