[:it]La questione relativa al distacco di un condominio dall’impianto centralizzato condominiale trova la sua immediata disciplina nella normativa di cui all’art. 1118 cod. civ. come modificata dalla L. n°220 del 2012, in vigore dal 18 giugno 2013, cc. dd. riforma dei condominio.
Tale normativa ha ammesso espressamente la possibilità del singolo condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di raffreddamento a condizione che dimostri che dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto o aggravi di spesa per gli altri condomini.
Il condomino che intende distaccarsi deve, quindi, fornire la prova che “dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini“, e la preventiva informazione dovrà necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica attraverso la quale egli possa dare prova dell’assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” per i condomini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale.
Detti principi sono stati ribaditi dalla sezione 6/2 della Corte di Cassazione, con sentenza 3 novembre 2016, n. 22285, sottolineando anche che l’onere della prova in capo al condomino, che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno, come bene ha evidenziato la stessa sentenza impugnata, soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia effettivamente autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione della sussistenza dei presupposti di cui si è detto
Con l’ulteriore specificazione che colui che intende distaccarsi dovrà, in presenza di squilibri nell’impianto condominiale e/o aggravi per i restanti condomini, rinunciare dal porre in essere il distacco perché diversamente potrà essere chiamato al ripristino dello status quo ante.
Né, ed è bene precisarlo, l’interessato, ai sensi dell’art. 1118 cod. civ., potrà effettuare il distacco e ritenere di essere tenuto semplicemente a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma, poiché tale possibilità è prevista solo per quei soggetti che abbiano potuto distaccarsi, per aver provato che dal loro distacco “non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”.
Nota bene: Qualora l’amministratore porti in assemblea l’assemblea può:
– o vietare il distacco motivando espressamente a verbale il divieto (ovvero che non è stata data prova dei presupposti tecnici che legittimano l’esercizio del diritto al distacco);
– o richiedere la perizia di cui sopra.
È importante motivare l’eventuale opposizione al distacco in quanto la delibera che, in presenza delle condizioni di legge, vieta il distacco per la Cassazione è nulla (Cass. 3 aprile 2012, n. 5331, Cass. 22 marzo 2011 n. 6481, Cass. 30 marzo 2006 n 7518). Nel mentre è possibile che sia, a contrario, ritenuta valida la delibera che vieta il distacco in assenza della prova delle condizioni previste dalla legge.
Se il distaccante fornisce la perizia, l’amministratore che riceve dal condomino la comunicazione di distacco anche se accompagnata dalla perizia, deve comunque darne notizia al Condominio nella competente sede assembleare per consentire a quest’ultimo di valutare se sussistono i presupposti tecnici per l’esercizio del richiamato diritto ex art. 1118 c.c..
La perizia deve essere redatta da un tecnico abilitato, secondo quanto prescritto dal D.M n°37/2008, cui rimanda anche il D.P.R. n°74/2013, che ha ridisegnato il tema della conduzione e dei controlli degli impianti termici.
Qualora il condomino, cui l’assemblea ha vietato il distacco in assenza della prova delle condizioni richieste dall’art. 1118, comma 4, c.c., si distacchi lo stesso, il condominio ben potrà diffidarlo a ripristinare la situazione quo ante (riallaccio) e promuovere, altresì, una causa per far accertare la illegittimità del distacco.
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