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La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n°1202 del 21 gennaio 2020, chiarisce che la trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare eventualmente contenuto nell’accordo di separazione o divorzio – raggiunto in sede di negoziazione assistita ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 132 del 2014 convertito, con modificazioni, nella L. n. 162 del 2014 – presuppone l’autenticazione delle sottoscrizioni del processo verbale dell’accordo stesso ad opera del pubblico ufficiale a ciò autorizzato, non potendosi riconoscere analogo potere certificativo agli avvocati che assistono le parti.

Il caso

La vicenda trae origine dalla composizione di un conflitto coniugale raggiunta in sede di negoziazione assistita. L’accordo di separazione personale sottoscritto nelle prescritte forme di legge, quindi autenticato dai rispettivi difensori, oltre a regolamentare gli aspetti personali della separazione – quali l’affidamento condiviso del figlio minore e la determinazione della misura dell’assegno dovuto dal marito per il mantenimento del figlio – contemplava il trasferimento della proprietà di una quota dell’immobile adibito a casa coniugale; il notaio, si era limitato ad effettuare l’autenticazione delle sottoscrizioni, l’autentica c.d. “minore”, senza effettuare il controllo di legalità dell’atto e, quindi, senza iscrivere il verbale a repertorio, senza metterlo a raccolta, né provvedere alla celere trascrizione dello stesso e, successivamente, il conservatore dei registri immobiliari rifiutava la trascrizione dell’accordo raggiunto dai coniugi in sede di negoziazione assistita, informando dell’inadempimento il consiglio notarile.

Avviato il procedimento disciplinare nei confronti del notaio, la Commissione Regionale di Disciplina qualificava la condotta del professionista come colpevole inadempimento delle modalità con cui doveva essere effettuata, ai fini dell’art. 2657 c.c., l’autentica richiesta dal comma 3 dell’art. 5 della L. 162/2014.

Dolendosi delle accuse mosse nei suoi confronti, il notaio adiva la Corte d’Appello la quale, tuttavia, rigettava integralmente il reclamo proposto dal professionista rilevando, in particolare, che, contenendo l’accordo dei coniugi un atto di trasferimento immobiliare, si rendeva necessaria un’autentica ai sensi dell’art. 72 della legge notarile che impone al notaio il controllo di legalità, essendogli vietato di ricevere o autenticare atti espressamente proibiti dalla legge, manifestamente contrari al buon costume e all’ordine pubblico ai sensi dell’art. 28 legge notarile.

Il ricorso per cassazione

A fronte del rigetto del suo reclamo da parte della Corte territoriale, il notaio proponeva ricorso per cassazione sostenendo, tra le censure proposte, di essersi limitato ad effettuare una c.d. “autentica minore” non di un atto notarile, ma di un verbale di accordo comportante il trasferimento immobiliare sottoscritto dai coniugi nell’ambito della negoziazione assistita per la loro separazione consensuale e, dunque, di non essere obbligato:

  • ad eseguire il controllo di legalità del verbale di accordo comportante il trasferimento immobiliare sottoscritto dai coniugi nell’ambito della convenzione di negoziazione assistita per la loro separazione consensuale,
  • di iscrivere il verbale a repertorio, di metterlo a raccolta, né provvedere alla celere trascrizione dello stesso.

La decisione della Suprema Corte

Con la decisione in commento, la Suprema Corte, ha respinto le doglianze del professionista ricorrente sancendo il principio di diritto secondo cui “ogni qualvolta l’accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3”.

In conclusione

Gli Ermellini, hanno ritenuto sussistente l’illecito disciplinare contestato, in quanto il notaio aveva l’obbligo di procedere nelle forme previste dall’art. 2703 c.c., con il conseguente obbligo di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l.n. e di conservazione e raccolta ex art. 72 l.n., nonché quello di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex artt. 2643 e 2671 c.c..

Avv. Luigi Romano

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downloadLa Corte di Giustizia dell’Unione europea, pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale del Tribunale regionale di Gorzów Wielkopolski (Polonia), ha affermato che “L’articolo 1, paragrafo 2, lettere k) ed l), nonché l’articolo 31 del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, devono essere interpretati nel senso che essi ostano al diniego di riconoscimento, da parte di un’autorità di uno Stato membro, degli effetti reali del legato «per rivendicazione», conosciuto dal diritto applicabile alla successione, per il quale un testatore abbia optato conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, di detto regolamento, qualora questo diniego si fondi sul motivo vertente sul fatto che tale legato ha ad oggetto il diritto di proprietà su un immobile situato in detto Stato membro, la cui legislazione non conosce l’istituto del legato ad effetti reali diretti alla data di apertura della successione”.

Il giudizio a quo

La pronuncia trae origine da una procedura iniziata da una cittadina polacca, residente in Germania, tesa ad ottenere la redazione da parte di un notaio tedesco di un testamento pubblico che prevedesse «…un legato “per rivendicazione”, consentito a norma del diritto polacco, a favore di suo marito, relativo alla quota di cui è proprietaria nell’immobile comune situato a Francoforte sull’Oder». Il notaio, tuttavia, si rifiutava ritenendo detto legato contrario alle normative e alla giurisprudenza tedesca relativa ai diritti reali e al catasto, proponendo alla sig.ra di ricorrere alla diversa figura del c.d. “legato obbligatorio”, previsto dall’art. 968 del codice civile tedesco, alla luce anche dell’adattamento dei legati per rivendicazione stranieri in legati obbligatori in virtù dell’art. 31 del regolamento 650/12/UE, che recita: «Se una persona invoca un diritto reale che le spetta secondo la legge applicabile alla successione e la legge dello Stato membro in cui il diritto è invocato non conosce il diritto reale in questione, tale diritto è adattato, se necessario e nella misura del possibile, al diritto reale equivalente più vicino previsto dalla legge di tale Stato, tenendo conto degli obiettivi e degli interessi perseguiti dal diritto reale in questione nonché dei suoi effetti».

La ricorrente decideva di presentare ricorso avverso tale rifiuto, ritenendo insussistenti giustificazioni tali da impedire il riconoscimento in Germania degli effetti reali del legato per rivendicazione e, dall’altro, escludendo la possibilità di ricorrere al legato “ordinario”, “…in quanto quest’ultimo comporterebbe difficoltà collegate alla rappresentanza dei suoi figli minorenni, che possono essere chiamati all’eredità, nonché costi aggiuntivi”.

A fronte del mancato accoglimento del predetto ricorso, la sig.ra Kubicka presentava analogo ricorso dinnanzi al Tribunale regionale di Gorzów Wielkopolski, il quale decideva di sospendere il giudizio e interrogare la Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla seguente questione: «… se l’articolo 1, paragrafo 2, lettere k) ed l), nonché l’articolo 31 del regolamento n. 650/2012 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano al diniego di riconoscimento, da parte di un’autorità di uno Stato membro, degli effetti reali del legato «per rivendicazione», conosciuto dal diritto applicabile alla successione, per il quale un testatore abbia optato conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, di detto regolamento, qualora questo diniego si fondi sul motivo vertente sul fatto che tale legato ha ad oggetto il diritto di proprietà su un immobile situato in un altro Stato membro, la cui legislazione non conosce l’istituto del legato ad effetti reali diretti alla data di apertura della successione».

La pronuncia della Corte

La Corte di Giustizia, risponde negando l’esistenza di motivi ostativi al suo riconoscimento sulla base delle seguenti condivisibili argomentazioni:

  • Il 15° ‘considerando’ del regolamento in oggetto consente ad uno Stato membro di non riconoscere nel proprio ordinamento diritti reali previsti da ordinamenti stranieri su beni situati nel proprio territorio qualora non rientranti nel numerus clausus di quelli contemplati dal proprio ordinamento. Tuttavia, nella fattispecie, tanto il legato “per rivendicazione” previsto dal diritto polacco, quanto il legato “ordinario” previsto dal diritto tedesco, costituiscono mere modalità di trasferimento del medesimo diritto reale di proprietà, contemplato da ambedue gli ordinamenti nazionali;
  • A ciò consegue che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera k), del regolamento n. 650/2012 “…osta al diniego di riconoscimento in uno Stato membro, il cui ordinamento giuridico non conosce l’istituto del legato «per rivendicazione», degli effetti reali prodotti da un tale legato alla data di apertura della successione in applicazione della legge sulle successioni che è stata scelta dal testatore”;
  • Parimenti, non osta a tale riconoscimento il dettato dell’art. 1, paragrafo 2, lettera l), del regolamento n. 650/2012, in quanto, poiché «…riguarda solo l’iscrizione in un registro dei diritti su beni mobili o immobili, compresi i requisiti legali relativi a tale iscrizione, e gli effetti dell’iscrizione o della mancata iscrizione di tali diritti in un registro, le condizioni alle quali tali diritti sono acquisiti non rientrano tra le materie escluse dall’ambito di applicazione di tale regolamento in virtù di tale disposizione».
  • Alla luce di quanto sopra esposto la Corte conclude dichiarando che: «L’articolo 1, paragrafo 2, lettere k) ed l), nonché l’articolo 31 del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, devono essere interpretati nel senso che essi ostano al diniego di riconoscimento, da parte di un’autorità di uno Stato membro, degli effetti reali del legato «per rivendicazione», conosciuto dal diritto applicabile alla successione, per il quale un testatore abbia optato conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, di detto regolamento, qualora questo diniego si fondi sul motivo vertente sul fatto che tale legato ha ad oggetto il diritto di proprietà su un immobile situato in detto Stato membro, la cui legislazione non conosce l’istituto del legato ad effetti reali diretti alla data di apertura della successione».

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