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Lo scorso 12 luglio 2024 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il Regolamento (Ue) 2024/1689 del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale e modifica i regolamenti (CE) n, 300/2008, (UE) n, 167/2013, (UE) n, 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1139 e (UE) 2019/2144 e le direttive 2014/90/UE, (UE) 2016/797 e (UE) 2020/1828 (regolamento sull’intelligenza artificiale).

Il regolamento in oggetto, all’art. 3 fornisce precise definizioni a partire dall’Intelligenza Artificiale, intesa quale “sistema automatizzato progettato per funzionare con livelli di autonomia variabili e che può presentare adattabilità dopo la diffusione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce dall’input che riceve come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”.

L’obiettivo perseguito dal Legislatore europeo è quello di “migliorare il funzionamento del mercato interno e promuovere la diffusione di un’intelligenza artificiale (IA) antropocentrica e affidabile, garantendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute, della sicurezza e dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, compresi la democrazia, lo Stato di diritto e la protezione dell’ambiente, contro gli effetti nocivi dei sistemi di IA nell’Unione, e promuovendo l’innovazione”, stabilendo, ai sensi dell’art. 1:

  1. regole armonizzate per l’immissione sul mercato, la messa in servizio e l’uso dei sistemi di IA nell’Unione;
  2. divieti di talune pratiche di IA;
  3. requisiti specifici per i sistemi di IA ad alto rischio e obblighi per gli operatori di tali sistemi;
  4. regole di trasparenza armonizzate per determinati sistemi di IA;
  5. regole armonizzate per l’immissione sul mercato di modelli di IA per finalità generali;
  6. regole in materia di monitoraggio del mercato, vigilanza del mercato, governance ed esecuzione;
  7. misure a sostegno dell’innovazione, con particolare attenzione alle PMI, comprese le start-up.

 

Grande attenzione è posta dal regolamento alla limitazione delle tecniche utilizzate e/o delle finalità perseguite per il tramite dell’I.A., a cui è dedicato l’intero capo II^, rubricato “Pratiche di IA Vietate”.

I divieti, elencati all’art. 5, riguardano inter alia:

  1. l’utilizzo di “tecniche subliminali che agiscono senza che una persona ne sia consapevole o tecniche volutamente manipolative o ingannevoli aventi lo scopo o l’effetto di distorcere materialmente il comportamento di una persona o di un gruppo di persone, pregiudicando in modo considerevole la loro capacità di prendere una decisione informata, inducendole pertanto a prendere una decisione che non avrebbero altrimenti preso, in un modo che provochi o possa ragionevolmente provocare a tale persona, a un’altra persona o a un gruppo di persone un danno significativo”;
  2. lo sfruttamento delle “…vulnerabilità di una persona fisica o di uno specifico gruppo di persone, dovute all’età, alla disabilità o a una specifica situazione sociale o economica, con l’obiettivo o l’effetto di distorcere materialmente il comportamento di tale persona o di una persona che appartiene a tale gruppo in un modo che provochi o possa ragionevolmente provocare a tale persona o a un’altra persona un danno significativo”;
  3. “la valutazione o la classificazione delle persone fisiche o di gruppi di persone per un determinato periodo di tempo sulla base del loro comportamento sociale o di caratteristiche personali o della personalità note, inferite o previste”;
  4. la profilazione di persone al fine di valutare o prevedere il rischio che una persona fisica commetta un reato;
  5. la creazione o ampliamento delle “banche dati di riconoscimento facciale mediante scraping non mirato di immagini facciali da internet o da filmati di telecamere a circuito chiuso”;

 

Come noto e del resto chiarito nello stesso regolamento, quest’ultimo è obbligatorio in tutto i suoi elementi e direttamente applicabile in ognuno degli Stati membri, senza che sia necessaria alcuna attività di recepimento.

Il Regolamento de quo si applicherà a fare data dal 2 agosto 2026, fatta eccezione per i capi:

  • I^ (disposizioni generali) e II^ (pratiche di IA vietate), che si applicheranno a fare data dal 2 febbraio 2025;
  • III^, sezione 4, V^, VII^, XII^ (ad eccezione dell’articolo 101), nonchè e l’articolo 78, a decorrere dal 2 agosto 2025.

Negli ultimi anni si sono registrate molteplici pronunce dei Tribunali di tutta Italia, originate dai ricorsi di genitori contrari alla presenza di immagini e video dei minori sui social, pubblicate dall’ex partner.

Ne è un chiaro esempio l’ordinanza del 30 agosto 2021 con cui il Tribunale di Trani – pronunciandosi in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato da un padre al fine di veder inibita la pubblicazione di immagini della figlia sul noto social network “Tik Tok” per mano (o meglio click) dell’ex moglie – ha giudicato ammissibile il reclamo e illegittima la condotta materna, alla luce della mancata contestazione della condotta addebitatale nonché della mancata prova del consenso paterno (non desumibile, ad avviso della Corte, dalla possibilità per il ricorrente di controllare e/o accedere al profilo dell’ex moglie):

  • condannando la madre della minore “…alla rimozione di immagini, informazioni, dati relativi alla minore … , inseriti su social networks, comunque denominati”;
  • inibendo “…dal momento della comunicazione del presente provvedimento a Caia la diffusione sui social networks, comunque denominati, e nei mass media delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo alla minore … …, in assenza dell’espresso consenso del padre”;
  • determinando “ex art. 614-bis c.p.c., nella misura di Euro 50,00, la somma dovuta da Caia, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore della minore, da versarsi su conto corrente intestato alla medesima”.

Ad avviso del Tribunale pugliese, infatti, la pubblicazione di video ed immagini di minori senza il consenso dell’altro genitore integra la “….violazione di plurime norme, nazionali, comunitarie ed internazionali” ed in particolare:

  • dell’art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine), che recita: “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”;
  • del combinato disposto dell’art. 1 e dell’art. 16 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con L. n. 176 del 1991 che prevedono rispettivamente:
    • l’art. 1 l’applicazione delle norme della convenzione ai minori di anni diciotto;
    • l’art. 16 che “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti“);
  • l’art. 8 Reg. 679 /2016 (entrato in vigore il 25.5.2018)che considera l’immagine fotografica dei figli dato personale, ai sensi del c.d. Codice della Privacy (e specificamente dell’art. 4, lett. a), b) c) D.lgs. n. 196 del 2009 e la sua diffusione integra un’interferenza nella vita privata, sicchè nel caso di minori di anni sedici, è necessario che il consenso alla pubblicazione di tali dati sia prestato dai genitori, in vece dei propri figli, concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore (art. 97 L. n. 633 del 1941)”;
  • l’art. 2 quinquies del D.lgs. n°101/2018 che recita: “il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione. Con riguardo a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale”.

In merito da ultimo al requisito del periculum, il collegio, richiamando la nota pronuncia del 19 settembre 2017 del Tribunale civile di Mantova, ha condivisibilmente rilevato come “…il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network” e ciò in quanto “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati.

Quanto sopra è stato del resto ribadito in modo pressoché unanime nel corso degli anni da diverse autorità giudiziarie, tra cui il Tribunale civile di Rieti e di Mantova.

In particolare, il Tribunale laziale, con ordinanza del 7 marzo 2019, è giunto alle medesime conclusioni del Tribunale pugliese, affermando:

  • la sussistenza del requisito del fumus boni iuris, alla luce dell’illiceità del trattamento dei dati personali del minore di anni 14 in mancanza del consenso di chi esercita sullo stesso la responsabilità genitoriale, così come disposto dal già citato art. 2 quinques del Codice Privacy;
  • la sussistenza del requisito del periculum in mora, “…atteso che l’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet” e ciò in quanto “Il web, infatti, consente la diffusione dati personali e di immagini ad alta rapidità, rendendo difficoltose ed inefficaci le forme di controllo dei flussi informativi ex post”;
  • la possibilità di richiedere altresì l’applicazione dell’astreinte ex art. 624 bis c.p.c., ritenuta “…pienamente giustificata dall’esigenza di tutelare l’integrità dei minori e l’interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web nonchè, in quanto collegato a questo, dell’interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi sopra sanciti”.
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