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Il Tribunale di Castrovillari, con sentenza del 13 maggio 2024, n. 872 si è pronunciato su una delicata controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento avanzata dalla proprietaria-locatrice in danno della conduttrice avente ad oggetto i danni conseguenti ad un incendio che aveva distrutto il capannone oggetto del contratto di locazione.

Ad avviso di parte attrice sussisterebbe “…una presunzione di responsabilità in capo al conduttore per i danni derivanti da incendio, sulla base dell’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale ex art. 1588  cod. civ., il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone indi una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cos a locata rimane a suo carico”.

Ad avviso della conduttrice, invece, non sussisterebbe alcuna sua responsabilità:

  • essendosi trattato di incendio doloso;
  • essendo la conduttrice stata assolta in sede penale;
  • in quanto vi sarebbe in ogni caso incertezza sulla causa di innesco dell’incendio.

Il Tribunale, accoglie la domanda attorea, chiarendo con un condivisibile iter argomentativo:

  • che l’art. 1588 c.c. prevede che “Il conduttore risponde della perdita e del deterioramento 1592 comma 2 della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio 1611, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile 1218 ss., 1256 ss., 2281“;
  • che “Il presupposto della responsabilità ex 1588 c.c. è la sussistenza di un rapporto di locazione, e dunque di custodia sul bene, essendo prevista la presunzione di responsabilità in capo al conduttore per i danni derivanti dall’incendio (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 15721 del 27/07/2015 ). In altre parole, è necessaria la prova del rapporto di custodia, in quanto, come sottolineato nella giurisprudenza di merito “La norma invocata (art. 1588  c.c.) è collocata immediatamente dopo l’art. 1587  c.c. disciplinante le obbligazioni del conduttore, tra le quali rientra, in virtù della disponibilità materiale del bene che si acquista per effetto del rapporto locatizio, anche quella accessoria di custodia del bene stesso” (Corte appello Reggio Calabria, sez. I, 07/02/2022, n. 101; D.). Pertanto, affinchè possa trovare applicazione la presunzione di responsabilità prevista nella norma citata, è necessaria la prova che i fatti si siano verificati nell’immobile posto sotto la custodia del conduttore. Detto elemento, nel caso di specie, è pacifico, essendo accertato che l’incendio si sia originato nella porzione di immobile post o sotto la custodia di parte convenuta”.
  • che, nel caso di specie, ancorchè “la causa dell’incendio non è stata individuata con certezza dalle autorità, tuttavia sussistono elementi sufficienti atti a comprovare con serio grado di probabilità che l’incendio si sia propagato a partire dall’area posta nella disponibilità e sotto la custodia di parte convenuta, con conseguente applicabilità, a suo carico, della presunzione di cui all’ 1588 c.c.”;
  • che in ogni caso “…non è sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, (reato prescritto) perché ciò non comporta di per sé l’identificazione della causa, ma occorre che questa sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore” ( Civ., Sez. 3, Sentenza n. 11972 del 17/05/2010) e ciò in quanto “…in tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41  cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione “ex ante” – del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio” (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 16123 del 08/07/2010).

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n°1202 del 21 gennaio 2020, chiarisce che la trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare eventualmente contenuto nell’accordo di separazione o divorzio – raggiunto in sede di negoziazione assistita ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 132 del 2014 convertito, con modificazioni, nella L. n. 162 del 2014 – presuppone l’autenticazione delle sottoscrizioni del processo verbale dell’accordo stesso ad opera del pubblico ufficiale a ciò autorizzato, non potendosi riconoscere analogo potere certificativo agli avvocati che assistono le parti.

Il caso

La vicenda trae origine dalla composizione di un conflitto coniugale raggiunta in sede di negoziazione assistita. L’accordo di separazione personale sottoscritto nelle prescritte forme di legge, quindi autenticato dai rispettivi difensori, oltre a regolamentare gli aspetti personali della separazione – quali l’affidamento condiviso del figlio minore e la determinazione della misura dell’assegno dovuto dal marito per il mantenimento del figlio – contemplava il trasferimento della proprietà di una quota dell’immobile adibito a casa coniugale; il notaio, si era limitato ad effettuare l’autenticazione delle sottoscrizioni, l’autentica c.d. “minore”, senza effettuare il controllo di legalità dell’atto e, quindi, senza iscrivere il verbale a repertorio, senza metterlo a raccolta, né provvedere alla celere trascrizione dello stesso e, successivamente, il conservatore dei registri immobiliari rifiutava la trascrizione dell’accordo raggiunto dai coniugi in sede di negoziazione assistita, informando dell’inadempimento il consiglio notarile.

Avviato il procedimento disciplinare nei confronti del notaio, la Commissione Regionale di Disciplina qualificava la condotta del professionista come colpevole inadempimento delle modalità con cui doveva essere effettuata, ai fini dell’art. 2657 c.c., l’autentica richiesta dal comma 3 dell’art. 5 della L. 162/2014.

Dolendosi delle accuse mosse nei suoi confronti, il notaio adiva la Corte d’Appello la quale, tuttavia, rigettava integralmente il reclamo proposto dal professionista rilevando, in particolare, che, contenendo l’accordo dei coniugi un atto di trasferimento immobiliare, si rendeva necessaria un’autentica ai sensi dell’art. 72 della legge notarile che impone al notaio il controllo di legalità, essendogli vietato di ricevere o autenticare atti espressamente proibiti dalla legge, manifestamente contrari al buon costume e all’ordine pubblico ai sensi dell’art. 28 legge notarile.

Il ricorso per cassazione

A fronte del rigetto del suo reclamo da parte della Corte territoriale, il notaio proponeva ricorso per cassazione sostenendo, tra le censure proposte, di essersi limitato ad effettuare una c.d. “autentica minore” non di un atto notarile, ma di un verbale di accordo comportante il trasferimento immobiliare sottoscritto dai coniugi nell’ambito della negoziazione assistita per la loro separazione consensuale e, dunque, di non essere obbligato:

  • ad eseguire il controllo di legalità del verbale di accordo comportante il trasferimento immobiliare sottoscritto dai coniugi nell’ambito della convenzione di negoziazione assistita per la loro separazione consensuale,
  • di iscrivere il verbale a repertorio, di metterlo a raccolta, né provvedere alla celere trascrizione dello stesso.

La decisione della Suprema Corte

Con la decisione in commento, la Suprema Corte, ha respinto le doglianze del professionista ricorrente sancendo il principio di diritto secondo cui “ogni qualvolta l’accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 6, conv. in L. n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo D.L. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell’accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l’autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 3”.

In conclusione

Gli Ermellini, hanno ritenuto sussistente l’illecito disciplinare contestato, in quanto il notaio aveva l’obbligo di procedere nelle forme previste dall’art. 2703 c.c., con il conseguente obbligo di iscrizione dell’atto nel repertorio ex art. 62 l.n. e di conservazione e raccolta ex art. 72 l.n., nonché quello di effettuare la trascrizione nel più breve tempo possibile ex artt. 2643 e 2671 c.c..

Avv. Luigi Romano

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Da poche settimane è ripresa la scuola in presenza e con essa, aimè, una crescita esponenziale dei contagi da Covid-19.

Ciò ha determinato giustificate preoccupazioni nei dirigenti scolastici, circa le eventuali responsabilità civili, ex art. 2087 c.c., e penali a loro ascrivibili in caso di contagi del personale scolastico o degli alunni nel luogo di lavoro. E ciò in quanto, come noto, sui dirigenti scolastici gravano gli obblighi e i compiti organizzativi individuati dal D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro), a seguito della loro equiparazione ai datori di lavoro, così come chiarita dal Decreto Ministeriale n°292/1996 (rubricato “Individuazione del datore di lavoro negli uffici e nelle istituzioni dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione”).

A seguito dei chiarimenti contenuti nella Circolare Inail del 3 aprile 2020, n. 13, sulla qualificazione di “infortunio sul lavoro” dei casi accertati di contagio in occasione di lavoro, i timori dei dirigenti si sono per giunta accresciuti, ritenendo in molti, erroneamente, che dal conseguente indennizzo erogato dall’INAIL derivasse, sic et simpliciter, una loro responsabilità civile o addirittura penale.

Ciò ha spinto l’INAIL, con nota n°22 del 20 maggio 2020 a chiarire:

  • la necessità di non confondere “…i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in “occasione di lavoro” che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative”;
  • che il riconoscimento dell’indennizzo da parte dell’INAIL “…non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del Pubblico Ministero”;
  • che, con riferimento alla responsabilità civile, come recentemente chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con ordinanza n°3282 dell’11 febbraio 2020 “…l’articolo 2087 cod. civ. non configura, infatti, un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore. Né può desumersi dall’indicata disposizione un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a “rischio zero”, quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile, neanche potendosi ragionevolmente pretendere l’adozione di strumenti atti a fronteggiare qualsiasi evenienza che sia fonte di pericolo per l’integrità psico-fisica del lavoratore, ciò in quanto, ove applicabile, avrebbe come conseguenza l’ascrivbilità al datore di lavoro di qualunque evento lesivo, pur se imprevedibile ed inevitabile […]; non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno, l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario, piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto”;
  • che, pertanto, la “…responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33”.
  • che “…il rispetto delle misure di contenimento, se sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, non è certo bastevole per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero. Circostanza questa che ancora una volta porta a sottolineare l’indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario”.

Ulteriori chiarimenti sono giunti, in seguito, anche dal Ministero dell’Istruzione che, con nota del 20 agosto 2020, a firma del capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione:

  • ha ricordato che “…L’articolo 29-bis del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 ha introdotto una disposizione che limita la responsabilità dei datori di lavoro per infortuni da Covid-19: “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati (scil., dirigenti scolastici) adempiono l’obbligo di tutela della salute e sicurezza di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione, l’adozione e il mantenimento delle prescrizioni e delle misure contenute nel Protocollo condiviso dal Governo e dalle parti sociali il 24 aprile 2020”, nonché delle eventuali successive modificazioni, “e degli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni rilevano, in ogni caso, le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale”;
  • ha chiarito che i “…dirigenti scolastici possono veder escludere ogni timore di una semplicistica, ma errata, automatica corrispondenza tra malattia da Covid-19, infortunio sul lavoro, riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro applicando quanto previsto dal protocollo generale sulla sicurezza siglato in data 6 agosto 2020 e dallo specifico protocollo per i servizi educativi e le scuole dell’infanzia in via di pubblicazione; dal complesso delle disposizioni emanate e raccolte nella pagina https://www.istruzione.it/rientriamoascuola/index.html; dalle eventuali ulteriori disposizioni che il Ministero trasmetterà prontamente e ufficialmente, volte anche a considerare le specificità delle singole istituzioni scolastiche, opportunamente valutate e ponderate dai dirigenti medesimi;
  • ha ricordato che, “…a ulteriore tutela dell’azione dirigenziale, va sottolineato come l’articolo 51 del codice penale esclude la punibilità laddove “l’esercizio del diritto o l’adempimento di un dovere” sia “imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità”.

Si segnala, da ultimo, il recente Protocollo d’intesa del 6 agosto 2020 “per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19”, contenente preziose indicazioni volte ad agevolare i D.S. nell’adozione delle misure organizzative anti-contagio da Covid-19, tra cui disposizioni relative:

  • alle modalità di ingresso e uscita;
  • alla pulizia e igienizzazione dei luoghi e delle attrezzature;
  • all’igiene personale e all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale;
  • alla gestione degli spazi comuni;
  • all’uso dei locali esterni all’istituto scolastico;
  • all’eventuale supporto psicologico;
  • alla gestione di una persona sintomatica all’interno dell’istituto scolastico;
  • alla sorveglianza sanitaria e al medico competente.

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