[:it]Afferma la terza Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza 13 giugno 2017 n. 14625, che, in tema di sfratto per morosità alla cui convalida l’intimato si sia opposto, qualora il giudice erroneamente, anziché adottare i provvedimenti di cui agli artt. 665 e 667 c.p.c., emetta ordinanza di convalida, questa assume natura decisoria e contenuto sostanziale di sentenza e l’impugnazione deve essere proposta con l’appello. Con tale atto l’intimato può chiedere di essere rimesso nei termini per espletare l’attività difensiva che non gli è stata consentita in primo grado, fermo restando che il giudice d’appello deciderà la controversia nel merito, giacché l’omissione del mutamento di rito non integra alcuna delle ipotesi tassativamente previste dagli artt. 343 e 354 c.p.c. per la rimessione della causa al primo giudice
Il caso in esame: un locatore intimava sfratto per morosità da un locale, da lui concesso in locazione per uso diverso ad una conduttrice, la quale a sua volta aveva ceduto l’azienda e con essa il contratto di locazione ad un altro conduttore. Quest’ultimo si era reso moroso nel pagamento di alcune mensilità. Il conduttore moroso si opponeva alla convalida di sfratto proposto dinnanzi alla sezione distaccata del Tribunale territorialmente competente. Successivamente, a seguito della soppressione della sezione distaccata, gli atti del processo in questione venivano trasferiti alla sede centrale del Tribunale, il quale all’udienza fissata ed in assenza del conduttore moroso, convalidava lo sfratto.
L’intimato allora proponeva appello avverso l’ordinanza di convalida di sfratto eccependone la nullità per non essere stato avvisato dell’udienza all’uopo fissata dal Tribunale adito dopo la soppressione della sezione distaccata innanzi alla quale era stata originariamente incardinata la causa.
La Corte di appello adita dichiarava con sentenza la nullità dell’ordinanza di convalida dello sfratto osservando che la stressa era stata emessa in difetto dei relativi presupposti; tuttavia, entrando nel merito della controversia, accoglieva la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore.
L’intimato proponeva allora ricorso per Cassazione, denunciando violazione del diritto di difesa ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e riguardante la mancata comunicazione della data di rinvio dell’udienza celebratasi innanzi al Tribunale in sede centrale ma senza successo.
Ad avviso della III^ Sezione della Cassazione la Corte territoriale aveva correttamente deciso la causa nel merito. L’intimato avrebbe potuto richiedere, tuttalpiù, al giudice di secondo grado di essere rimesso in termini per espletare l’attività difensiva che gli era stata impedita in primo grado per via dell’errore che ha condotto all’annullamento del provvedimento appellato.
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